Lo stappatore maldestro alla fine ha confessato. E’ Roberto Cassago, assessore al personale e alla semplificazione, l’autore del danno involontario a una tela del ‘700 di Palazzo Isimbardi. Lo rende noto la provincia di Milano dopo che ilfattoquotidiano.it ha diffuso la notizia. La provincia fa anche sapere che Cassago ha già dato la sua disponibilità a rifondere la cifra necessaria al ripristino: “L’Ente – si legge nella nota – ha così provveduto nei giorni immediatamente successivi all’evento ad avviare tutte le pratiche necessarie per il ripristino del quadro che, compatibilmente con i tempi tecnici, sarà presto restituito alla cittadinanza”. Nessun rilievo era però stato dato all’episodio prima che la notizia divenisse pubblica mentre all’autore sono riconosciute attenuanti generiche per lo scarso valore economico della tela: “La tela settecentesca, di autore ignoto e del valore di poche migliaia di euro – si legge nella nota – ha subito un danno lieve, un taglio di pochi centimetri che è stato prontamente messo in sicurezza, in attesa del ripristino completo e definitivo”. Messo in sicurezza, certo, con lo scotch. 

Nel patrimonio della Provincia di Milano c’è un buco che imbarazza i piani alti dell’ente ma nessuno ne parla, nessuno lo vede. Nulla sa il presidente, Guido Podestà. Sospetti, maldicenze e paura si rincorrono nei corridoi di Palazzo Isimbardi dal 19 dicembre scorso quando, nella sontuosa sede di via Vivaio, si è consumato un brindisi con delitto. Il festino era organizzato dal direttore della comunicazione, Alessandro Papini, e ha lasciato un segno indelebile tra i presenti ma soprattutto su un’incolpevole tela del Settecento che faceva da fondale alla cerimonia privata. Presente, al gran completo, lo staff dei settori comunicazione e presidenza, convocati per brindare insieme al “centraggio” dei target prefissati. Al momento del brindisi però – questo il fattaccio – pare che uno dei cinque alti dirigenti non sia riuscito a direzionare la bottiglia e il suo tappo abbia centrato invece una preziosa tela a olio 235×405, provocandole un foro grande come un pugno. Le foto non lasciano dubbi. Ma c’è di più. Giura chi era presente che la scena abbia provocato grandi risate e pacche sulle spalle ma nessuno, sul momento, si sia dato più di tanta pena per quel povero pittore ignoto che nel XVIII s’era preso la briga di dipingere le gesta eroiche di tal Capellino Isimbardi, avo della nobile famiglia che acquistò l’immobile nel centro di Milano, dove oggi si trova la sede della Provincia. Sia come sia, l’indomani tutti i convenuti erano già in preda a una folgorante amnesia “post tappo”: decine e decine di persone tra funzionari, dirigenti, impiegate, commessi giurano di non aver visto e sentito nulla e si rinchiudo in un religioso silenzio.

Complici le feste, la vicenda è stata attentamente tenuta nascosta. Del resto, aveva assicurato il direttore Papini, il buco era stato prontamente tamponato: “In maniera professionale, con idoneo ma temporaneo sistema di fissaggio adesivo, per evitare l’ampliamento del danno”. Vale a dire, con un pezzo di scotch. Ma chi è il “Fantozzi” di Natale? E chi pagherà per il danno? Papini, sentito al telefono, premette che lo spumante e la festa sono stati pagati dai direttori. “Di tasca nostra, ci tengo a precisarlo”. Sulle prime sembra sfuggirgli il punto, non sa che il giallo del capodanno “col buco” è ormai trapelato fuori da via Vivaio. Direttore, ricorda qualcosa di particolare in quella piccola festa? “No, assolutamente – risponde a caldo – la organizziamo tutti gli anni per congedare dipendenti e collaboratori in vista delle vacanze…”. Solo quando gli si rammenta il piccolo incidente di “gittata” la memoria ritorna. E la voce si fa tremula: “Ah sì, il quadro… Beh allora, il quadro… le posso solo dire che io non sono stato e non ho visto chi ha fatto il buco, altrimenti l’avrei denunciato subito. Ma guardi che siamo assicurati eh… in fondo è un incidente come un altro. E poi ho subito mandato una mail a chi di dovere per segnalare il problema e attivare le procedure di restauro, guardi ecco… alle 16.10. Se vuole gliela giro”. Dopo due ore richiama il fattoquotdiano.it per comunicare che quella mail, purtroppo, non arriverà mai. Perché nel frattempo ha sentito un altro direttore che gli ha rappresentato “insormontabili problemi di privacy” in caso di invio all’esterno di una comunicazione interna. Per fugare ogni sospetto invita a chiamare il destinatario della mail, il terzo direttore.

Si chiama Giorgio Grandesso ed è il responsabile del settore Patrimonio. Anni addietro è stato anche capo della polizia locale, magari è già sulle tracce del colpevole. E invece, nisba. “Sì – conferma al telefono – ho ricevuto la mail e ho avviato subito la pratica per le coperture assicurative. Del resto il quadro con la smagliatura è collocato in un’area di passaggio non coperta da telecamere…”. Alt, un momento, smagliatura? Telecamere? Ma non sa nulla di nulla? Anche il terzo megadirettore casca dalle nuvole. “No, guardi, la mail informa solo che la tela presenta una smagliatura ma se è come dite voi la cosa è gravissima e l’autore del danno va ricercato, denunciato e perseguito per responsabilità soggettive”. Il mistero del tappo continua ad agitare i corridoi di Palazzo Isimbardi. Ma già si parla di uno speciale premio ai dirigenti che si sono improvvisati restauratori per le non comuni capacità di problem solving: non era da tutti riuscire a tamponare un buco nel patrimonio della Provincia con “idoneo ma temporaneo sistema di fissaggio adesivo”.

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