Il fenomeno dei forconi esprime evidentemente un forte e diffuso malessere sociale. Proprio di settori che fin qui sono stati parte importante dell’economia di questo Paese, ma che verificano sulla loro pelle l’assoluta indifferenza delle istituzioni cosiddette democratiche nei loro confronti. Esodati, cassintegrati, piccoli imprenditori, autotrasportatori, contadini, pescatori e molti altri soggetti sociali ed economici oggi sospinti nella miseria dalle politiche recessive dettate dall’Unione europea e pedestremente applicate dalla casta politica di governo.

La rabbia della gente, che non ce la fa più, si dirige giustamente contro la classe politica, incapace di governare il Paese in modo utile alla gente stessa. A che serve lo Stato se non garantisce l’esistenza dei suoi cittadini? A che servono i politici, se si limitano ad acconsentire servilmente a quanto i poteri finanziari o quelli europei, che spesso sono la stessa cosa, impongono loro?

Provo un certo fastidio di fronte a coloro che liquidano fenomeni come il movimento dei forconi come pura espressione di una destra che vuole strumentalizzare il malessere sociale. Certo, la destra prova ad infiltrarsi, e a volte ci riesce pure. Ma che fa la sinistra per impedirlo, assumendosi in prima persona l’onere di organizzare questi settori?

Parliamo di persone in carne ed ossa, di fronte a problemi insormontabili, costrette all’abbandono. Ogni volta che una piccola impresa chiude, se ne va un pezzo di economia nazionale. Banche che anziché fare prestiti preferiscono speculare in titoli, Stato ottuso e vessatore che impone oneri fiscali eccessivi e obblighi di ogni genere, a volte sanzionati pesantemente in caso di inadempimento.

Non è facile essere piccoli imprenditori e lavoratori autonomi in Italia. Pochi giorni fa parlavo con un amico che da anni gestisce un agriturismo in Toscana. Un’azienda modello, con coltivazioni, animali e tutto il resto. Eppure, come milioni di altri italiani, si trovava di fronte a un vero e proprio muro. Istituzioni, a tutti i livelli, incapaci di comprendere ed agevolare attività utili per la società. Una sordità che si può spiegare solo con una profonda degenerazione del pubblico, che si vuole svuotare per poi vendere i pezzi migliori al miglior offerente. E addio Italia.

La privatizzazione è il mantra fatale di una classe politica oramai alla frutta. Qui si vogliono vendere perfino il Colosseo. In Umbria vendono terre e casali che dovrebbero essere destinate ad uso sociale e a imprenditoria giovanile. Addirittura a Montone qualcuno vorrebbe vendere la Rocca che sta nello stemma del Comune. Chi la comprerà? Oligarchi russi? Arricchiti cinesi? Portavoce della mafia? Politici riciclati? Si accettano scommesse.

Al di là delle chiacchiere demagogiche di questo o quel politico di destra, centro o finta sinistra, non si può certo dire che il nostro sistema sia business-friendly. Le uniche business che vanno bene sono quelle legate alla finanza o alla mafia, che sempre più spesso sono la stessa cosa.

Ve lo dice un marxista trinariciuto e confesso. Del blocco egemonico da costruire per allontanare dal potere i lestofanti che se ne sono impadroniti, piccoli imprenditori e lavoratori autonomi fanno parte a pieno titolo. La giusta protesta va quindi indirizzata verso i giusti obiettivi. Come affermato dal leader No-Tav Perino: “Noi abbiamo capito con il tempo una serie di cose: questo modello di sviluppo non è più accettabile. I ‘mercandin’, gli autotrasportatori, chi si trova in condizioni di impiccarsi perché non trova lavoro è difficile che abbia avuto il tempo e la voglia di maturare le cose che abbiamo maturato noi”. Diamo quindi una prospettiva concreta e praticabile anche ai forconi lottando per trasformare in profondità le politiche folli che governi di ogni colore portano avanti da venti e passa anni in questo Paese che dobbiamo salvare da casta, mafia e finanza.

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