Il colpo è meno grosso di quello che avrebbe voluto Renato Brunetta, ma è senz’altro notevole. La rivalutazione in arrivo per le quote di Bankitalia avrà un impatto non trascurabile sui conti di alcuni istituti di credito ed enti pubblici azionisti della banca centrale. La portata del colpo di bacchetta magica che traformerà, grazie a suoi effetti contabili, le zucche in carrozza  e, in pochissimi casi, le carrozze in zucche, è stata annunciata dal ministro del Tesoro già direttore generale di via Nazionale, Fabrizio Saccomanni, martedì 29 ottobre alle commissioni Bilancio di Senato e Camera: la Banca d’Italia vale tra i 5 e i 7 miliardi di euro e con la rivalutazione delle quote al fisco potrebbe arrivare fino a 1 miliardo.

E’ questo l’atteso risultato dei calcoli del comitato di esperti nominato per questo scopo da via Nazionale il 20 settembre scorso tra i quali figura in veste di presidente l’ex premier greco ed ex vicepresidente della Bce, Lucas Papademos. Un conteggio che aveva comprensibilmente acceso molte speranze, perché è da qui che arriverà un prezioso e insperato aiuto a molti traballanti bilanci. Primo fra tutti quello dell’Inps, che ha appena approvato i conti 2012 con un disavanzo di oltre 12 miliardi di euro causato dalla fusione con l’Inpdap. L’istituto di previdenza, però, ha in pancia 15mila quote di Bankitalia, il 5% del capitale, a un controvalore di 7.800 euro corrispondente al valore storico della partecipazione. Con la rivalutazione proposta dal comitato, il valore della quota potrà lievitare fino a 250-350 milioni di euro. Mica male se si pensa che tutto ciò avverrà senza far entrare un solo euro nelle casse dell’Inps.

Stesso discorso per Intesa Sanpaolo e Unicredit. La banca di Giovanni Bazoli ha scritto il suo 42,51% nell’ultimo bilancio a 624 milioni di euro e, se la rivalutazione andrà in porto in tempi brevi come sembra, a fine anno potrà quadruplicare il valore della posta a 2,125-2,975 miliardi e registrare la relativa plusvalenza. Va ancora meglio, in proporzione, all’istituto di Federico Ghizzoni che vedrà volare il suo 22,11% da 284,5 milioni fino a un valore compreso tra 1,105 e 1,5 miliardi di euro. E così le prime due banche italiane viaggeranno serene verso l’ormai prossima prova degli esami comunitari. Non male anche l’effetto per Banca Marche che dall’operazione porta a casa un plusvalore compreso tra 34 e 50 milioni che tuttavia non sarà risolutivo per i conti dell’istituto fresco di commissariamento.

Tra chi viaggia verso una perdita, invece, ci sono i soliti noti come Carige, il Monte dei Paschi di Siena e Fondiaria Sai. L’istituto genovese valutava infatti il suo 4,03% 892,2 milioni di euro e dovrà tagliarlo fino a una somma compresa tra 201 e 280 milioni. E per controbilanciare gli effetti dovrà attingere all’apposita riserva di valutazione che, per fortuna, era stata creata a fine 2012. Film analogo a Siena, che dovrà tagliare il suo 4,6% di 80-170 milioni anche se nel bilancio del Monte la partecipazione in Bankitalia “ai fini della quantificazione del patrimonio e quindi la relativa plusvalenza derivante dalla valutazione al fair value non è computata nell’ambito delle riserve degli strumenti disponibili per la vendita”. Quindi, come per Genova, gli effetti della valutazione ufficiale ci saranno solo sul conto economico e non sul patrimonio. Nessuna rete, infine, per la novella sposa Fondiaria Sai che dovrà svalutare la sua partecipazione per una somma compresa tra 45 e 70 milioni rispetto ai 138 milioni ai quali l’aveva portata a fine 2012 ritoccando la somma del 15% in più.

A fare i conti dell’incasso atteso per il Fisco è stato lo stesso Saccomanni che ha annunciato un gettito compreso fra 800 milioni e 1,12 miliardi. L’esatto ammontare dipenderà dall’aliquota fiscale che si deciderà di applicare alle plusvalenze registrate dai soci di Bankitalia, ma che secondo diversi esperti del mondo bancario e politico dovrebbe essere pari al 16%, la stessa utilizzata nella rivalutazione delle partecipazioni delle imprese. Il ministro ha parlato anche di un “successivo del provvedimento, che sarà separato dalla Legge di Stabilità” e che “dovrà modificare lo Statuto della Banca d’Italia che dice che il capitale della Banca è 156.000 euro”. Poi il provvedimento dovrà contenere “la normativa di carattere fiscale, che definisce come sono mobilizzabili le quote”. “Da tutto ciò – ha aggiunto – dipende l’ammontare del gettito che potrà arrivare al Fisco. E’ comunque una misura una tantum e il gettito potrà essere realizzato nel 2014, e potrà essere utilizzabile per finalità una tantum o per pagamento dei debiti conto capitale”. Le quote, poi, secondo Saccomanni “dovrebbero essere un libero titolo che le banche possono scambiarsi, pur con dei limiti per evitare che alcune banche abbiano quote molto elevate. Credo verrà individuato un limite quantitativo“.

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