Una pistola carica nel giardino di casa, a Roma, nascosta in una siepe vicino alla porta-finestra dello studio. E’ l’ennesimo avvertimento lanciato a Giulio Cavalli, attore e autore teatrale da tempo minacciato, e quindi protetto dalle forze dell’ordine, per la sua attività antimafia. Cavalli, 36 anni, lodigiano trasferitosi da qualche mese nella capitale, è stato portato in una località protetta poco dopo il ritrovamento, avvenuto intorno alle 18. Il caso è finito direttamente sulle scrivanie del capo della polizia Alessandro Pansa e del viceministro dell’Interno Filippo Bubbico

I guai dell’attore (e blogger di ilfattoquotidiano.it) sono cominciati nel 2006 con lo spettacolo Do ut des, che ironizzava sulla vita dell’immaginario aspirante boss Totò Nessuno. Da lì sono iniziate le email con minacce ai figli, le bare disegnate con lo spray, le gomme dell’auto squarciate, i bossoli ritrovati fuori da un  teatro milanese in cui stava recitando. All’inizio di agosto il pentito di ‘ndrangheta Luigi Bonaventura ha rivelato di aver appreso da “emissari” della criminalità calabrese l’esistenza di un piano per eliminare Cavalli. “In pratica – ha spiegato – bisognava trovare qualcuno di basso livello che rubasse un camion, nella fuga poi si provocava l’incidente mortale, quindi il tizio si sarebbe dato alla fuga, solo in un secondo tempo sarebbe stato ucciso e seppellito”. La ‘ndrangheta non voleva “comparire” in un omicidio eccellente (né lasciarne in circolazione il responsabile), afferma il collaboratore di giustizia, altrimenti la vittima sarebbe diventato un martire. E, invece, “quel Cavalli lì, mi dissero, è solo uno scassa minchia”. Una trama confermata da un altro pentito, Francesco Oliverio

Nella passata legislatura Giulio Cavalli è stato consigliere regionale in Lombardia, prima per l’Idv e poi per Sel, ed è diventato un riferimento importante per il movimento antimafia ormai radicato anche nel Nord Italia. Hanno provocato polemiche alcuni tentativi di cancellare la protezione delle forze dell’ordine nei suoi confronti. E’ anche emerso che uno degli uomini che si sono avvicendati nella sua scorta a Lodi era in contatto con i fratelli Catanzaro, imprenditori lodigiani citati nella recente inchiesta che ha portato all’arresto, fra gli altri, di Cinzia Mangano, figlia dello “stalliere” di Arcore

di Davide Milosa e Mario Portanova

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