Molto spesso mi capita di cercare di comprendere meglio cosa significhi ‘confronto democratico’ e se io ho compreso bene il termine e il senso di tale significato. Capita quindi che leggendo alcune notizie io rimanga decisamente in difficoltà e non comprenda bene in quale tipo di società noi stiamo vivendo. A parole siamo tutti democratici e rispettiamo le idee e le opinioni delle persone lontane dalla nostra visione della vita ma nei fatti, sembrerebbe, che la realtà sia diversa e che la violenza verbale e fisica siano invece la normalità quotidiana.

Veniamo al fatto che mi ha un po’ contrariato, la consigliera comunale Camilla Seibezzi delegata del sindaco Orsoni ai diritti civili e contro le discriminazioni del comune di Venezia, ha presentato una proposta che a qualcuno, comprensibile, non è piaciuta. Il fatto è che la consigliera, essendo stata eletta democraticamente, cioè con i voti di chi ha deciso che lei dovesse essere una rappresentante istituzionale che difendesse un certo tipo di visione della società, a causa della sua proposta è stata minacciata anche di morte… ma quale è stata la richiesta che ha così tanto suscitato l’ira di alcuni?

Lo scandalo è la richiesta per cui negli asili nido venisse usato il termine “genitore” a sostituzione di “madre e padre” nella modulistica comunale. Non voglio entrare nel merito del giusto o sbagliato ma prendere la questione da un diverso punto di vista che è quello riferibile a cosa ci si aspetta in un sistema democratico. Se non erro la democrazia dovrebbe funzionare in questo modo:

  • si è liberi di esprimere le proprie opinioni
  • ci si può presentare alle elezioni e in relazione ai voti ottenuti si eleggono dei rappresentati
  • i rappresentanti (purtroppo non sempre) sono eletti in relazione alle preferenze ottenute

Ovviamente ho semplificato in modo da comprendere meglio il mio ragionamento; la questione che io pongo è la seguente, la consigliera ha ricevuto mandato democratico per proporre le sue idee? Se siede in consiglio comunale vuole dire di sì e quindi vi sono persone nella città di Venezia che hanno sostenuto la candidata facendola eleggere. Ne consegue che Camilla Seibezzi ha tutto il diritto di fare la sua battaglia democratica per della terminologia più inclusiva come “genitore” al posto di quella di genere. Ma il mio ragionamento è valido solo se si riconosce la logica democratica e del confronto politico.
Quello che assolutamente non può essere tollerato è la violenza con cui, ogni qualvolta si cerca di operare in modo inclusivo all’interno della società italiana, vengono accolte azioni politiche pluraliste e democratiche. Da vera democratica resto convinta che tutto deve essere risolto seguendo le corrette regole della democrazia, quindi: se Camilla Seibezzi avrà il sostegno del sindaco, della giunta e del consiglio comunale per apportare la modifica nessuno si deve permettere di minacciare la sua persona.

Siamo ancora una democrazia a fasi alterne, molte persone non ne comprendono l’importanza e la forza e non sanno quanto è stato importante la conquista di questo sistema che non è perfetto ma certamente è, a mio avviso, il migliore oggi conosciuto. 

 

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