Il mercato americano della sigaretta elettronica vale 1 miliardo di dollari e, secondo alcuni analisti, supererà quello della sigaretta tradizionale entro i prossimi dieci anni. Un’opportunità che non poteva di certo passare inosservata ai tre giganti del tabacco che dominano il mercato negli Stati Uniti, indeboliti dall’aumento di tasse e divieti e scesi ora in campo per conquistare il nuovo affare. L’ultimo a cavalcare l’onda è il colosso Altria Group, ex Philip Morris, prima azienda del settore in Nord America. Il gruppo, cui fanno capo moltissimi marchi tra cui Marlboro, ha annunciato che lancerà in agosto una sigaretta elettronica made in China con il brand Mark Ten.

I tre big del tabacco entrano nel business, ma si fa avanti anche la Silicon Valley
I numeri, d’altronde, parlano chiaro. Il giro d’affari americano della e-cigarette, come è chiamata in inglese, ha raggiunto 500 milioni di dollari nel 2012 e quest’anno, secondo uno studio di Citibank, raddoppierà raggiungendo circa l’1% del mercato delle sigarette tradizionali. Philip Morris è solo l’ultima tra i giganti del tabacco a entrare nel settore, dove sono già registrati 250 marchi. Reynolds American, la seconda società del settore negli Stati Uniti (che controlla anche Camel e Pall Mall), ha annunciato settimana scorsa che lancerà a luglio una versione rinnovata della sua sigaretta elettronica Vuse. E anche Lorillard, terza azienda del tabacco e prima a fiutare il business della e-cigarette, ha acquistato nel 2012 la società produttrice di sigarette elettroniche Blu Ecigs per 135 milioni di dollari e ha aperto oltre 80mila rivenditori.

E anche nella Silicon Valley c’è chi ha deciso di puntare sulla nuova frontiera della nicotina. Sean Parker, primo presidente di Facebook e cofondatore del sito di file sharing Napster, fa parte di un gruppo di investitori che hanno puntato 75 milioni di dollari in una società leader nel ramo delle sigarette elettroniche, Njoy. “Abbiamo l’opportunità enorme di dire basta alle sigarette tradizionali, che sono pericolose e cancerogene”, ha detto Parker, che ha scommesso 10 milioni. Mentre Founders Fund – un fondo di venture capital di San Francisco avviato da Peter Thiel, cofondatore di PayPal – ha investito 5 milioni.

Le sigarette tornano in tv: aumentano le pubblicità con le star dello spettacolo
Puntare sulla sigaretta elettronica, per i colossi del tabacco e le altre aziende che cavalcano l’onda, significa anche raggiungere un traguardo importante: tornare in televisione. A oltre quarant’anni dall’entrata in vigore del regolamento federale che ha vietato le pubblicità delle sigarette in radio e televisione, infatti, diverse società del settore sono tornate sul piccolo schermo per pubblicizzare le e-cigarette. Gli investimenti in spazi pubblicitari televisivi per le sigarette elettroniche, secondo Citibank, sono aumentati così del 17,9% dal 2011 al 2012, mentre gli annunci sulla stampa sono schizzati addirittura del 71,9 per cento.

E, per attrarre nuovi consumatori, hanno assoldato testimonial dal mondo dello spettacolo. Njoy ha lanciato una campagna pubblicitaria con le star della musica Courtney Love e Bruno Mars, mentre Blu Ecigs ha reclutato l’attore Stephen Dorff e prevede quest’anno di raddoppiare gli investimenti pubblicitari a 40 milioni di dollari. Le sigarette elettroniche, a differenza di quelle tradizionali, non sono infatti regolate a livello federale ed è quindi legale pubblicizzarle in televisione.

Mancano le regole a livello federale. Ma alcuni Stati prendono provvedimenti
Ma la Food and Drug Administration (Fda), l’ente governativo americano che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, ha annunciato che sono in arrivo nuovi regolamenti, paragonando il mercato attuale delle e-cigarette al “wild wild west”. La Fda, come ha avvertito la stessa agenzia, ha aspettato finora a intervenire perché non è ancora chiaro l’impatto a lungo termine sulla salute di chi usa la sigaretta elettronica.

In linea con quanto sta accadendo in alcuni Paesi europei (Italia inclusa), alcuni Stati americani hanno tuttavia adottato dei regolamenti in attesa di una decisione a livello federale. Oltre 12, tra cui Arkansas, Colorado e Maryland, hanno vietato le sigarette elettroniche ai minori. E altri – New Jersey, North Dakota e Utah – hanno messo fuori legge il loro uso nei luoghi pubblici. A spingere le autorità a prendere provvedimenti è il rischio che la sigaretta elettronica sia usata anche dai più giovani, attratti da alcune varianti speciali alla fragola, al cioccolato o alla piña colada.

Pacchetti troppo cari a New York. I produttori avvertono: “Ci sono 9.741 posti a rischio”
Non è quindi ancora chiaro come si comporteranno le autorità americane per regolamentare la sigaretta elettronica. Una cosa, però, è certa. Gli affari, per le aziende del tabacco, non sono più quelli di una volta. Le autorità hanno dichiarato una vera e propria guerra al fumo, aumentando i divieti nei luoghi pubblici, vietando le pubblicità e soprattutto aumentando le tasse. I prezzi più alti sono quelli di New York, dove le imposte (federali, statali e della città) hanno raggiunto 6,86 dollari a pacchetto, facendo schizzare il prezzo medio di venti sigarette a 12,5 dollari.

L’ultima proposta dal sindaco di New York, Michael Bloomberg, punta a vietare ai negozi di mostrare i pacchetti in vendita dietro al bancone e a fissare un prezzo minimo di 10,5 dollari. L’annuncio dell’iniziativa ha fatto intervenire le aziende del settore, che hanno avvertito sul rischio che la riforma faccia scomparire il 21% dei negozi e porti al licenziamento di 9.741 dipendenti, sottraendo al governo e alla città tasse per 19 milioni di dollari.

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