Il gruppo Barbaro, con base a Buccinasco e attività a Milano e hinterland, è o no un’associazione di tipo mafioso?

Salvatore Barbaro e il suo gruppo (il padre Domenico, il fratello Rosario, il cognato Mario Miceli e l’imprenditore Maurizio Luraghi) erano stati arrestati nel 2008 e poi condannati in primo grado e in appello per mafia. Le sentenze del processo Cerberus sostenevano la natura mafiosa della loro organizzazione: è ‘ ndrangheta con antiche radici a Platì, in Calabria, e affari ben piantati al Nord. La pena più alta (9 anni) era andata a Salvatore Barbaro, 39 anni, figlio di Domenico Barbaro detto ‘ Mico l’Australiano e marito della figlia di Rocco Papalia, l’uomo che è considerato, con i suoi fratelli Domenico e Antonio, al vertice di una delle più potenti ‘ ndrine calabresi.

Poi però era arrivata la Cassazione, nel 2012, e aveva azzerato le condanne, ritenendo che non fosse stata provata la mafiosità del gruppo di Buccinasco. Non erano stati argomentati in modo sufficiente i rapporti tra i Barbaro e i Papalia: non basta, per la suprema corte, il rapporto di parentela tra le due famiglie stretto con il matrimonio tra Salvatore Barbaro e Serafina Papalia, ma è necessario provare che il gruppo di Buccinasco abbia ereditato la “posizione criminale della precedente organizzazione”, la cosca dei Papalia. E non erano stati spiegati in modo certo e lineare i numerosi episodi di intimidazione entrati nel processo (auto bruciate, colpi di pistola d’avvertimento, cantieri danneggiati…).

Celebrato il nuovo processo d’appello, due giorni fa è arrivata la sentenza: il gruppo Barbaro è erede della cosca Papalia e le intimidazioni sono il sistema con cui l’organizzazione ha conquistato un ruolo di preminenza nell’hinterland milanese, nel settore del movimento terra. Quella di Buccinasco, dunque, è ‘ ndrangheta.

Ora ci sarà il nuovo vaglio della Cassazione. Se confermerà l’esito del secondo appello, sarà una sentenza storica. Perché per la prima volta verrà condannato in via definitiva per associazione mafiosa anche un imprenditore milanese, senza alcun legame di sangue con i calabresi, ma con stretti legami d’affari.

È Maurizio Luraghi, titolare della società “Lavori stradali” che ha operato a lungo insieme alle società dei Barbaro. Luraghi è una figura centrale nell’indagine Cerberus: è l’imprenditore del Nord, pulito e rispettato, che stringe un’alleanza con i calabresi e attraverso questa ha garantiti lavori, appalti, risultati economici. Questo secondo quando sostiene l’accusa. Lui, Luraghi, si ritiene invece una vittima. Sotto minaccia da parte del giovane Salvatore Barbaro, che giunge fino a far compiere danneggiamenti ai danni delle attrezzature di lavoro della figlia, Barbara Luraghi, che gli subentra nella gestione degli affari. È un centauro, il Luraghi: metà complice della ‘ ndrangheta e metà vittima delle cosche. È in rapporti stretti di confidenza e amicizia con Domenico Barbaro l’Australiano, ma si dice vessato da suo figlio Salvatore. Alla fine, la sua azienda fallisce.

Vedremo come sarà rappresentato Luraghi il centauro nelle motivazioni della seconda sentenza d’appello e come poi sarà definitivamente giudicato dalla Cassazione. Per ora, sappiamo già che chi gioca con il fuoco della ‘ ndrangheta finisce comunque per bruciarsi.

il Fatto Quotidiano, 23 maggio 2013

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