Una parte della Chiesa anglicana apre alle benedizioni delle coppie gay in civil partnership, l’unione civile prevista dalla legge britannica. “Il messaggio di Gesù Cristo abbraccia tutti ed è inclusivo. Perché, nei secoli, nonostante il suo grande contenuto d’amore, è diventato così alienante ed esclusivo?”. Dal vescovo anglicano di Liverpool, il reverendo James Jones, arriva ora la prima apertura della Chiesa d’Inghilterra verso la questione delle unioni fra persone dello stesso sesso. E lo stesso Jones, parlando al sinodo della diocesi della città del nord del Regno Unito, ha ipotizzato, per la prima volta in modo ufficiale, la possibilità per pastori e vescovi anglicani di dare una sorta di benedizione a chi si è unito in civil partnership. Una pratica messa in atto, spesso nel segreto e nell’ombra, nelle periferie della Chiesa anglicana, da pastori particolarmente progressisti. Ma anche una pratica sulla quale, ora, la confessione nata dallo scisma di Enrico VIII rischia di spaccarsi ancora una volta. 

E pensare che il vescovo Jones, fino a non molto tempo fa, era uno dei più strenui oppositori alla questione gay. Insieme ad altri vescovi, Jones scrisse una lettera a Jeffrey John, gay dichiarato e candidato a diventare vescovo di Reading, per chiedergli di farsi da parte e di non compromettere l’immagine della Chiesa nel mondo. Successivamente da parte di Jones arrivarono le pubbliche scuse all’attuale diacono di St Albans. Ma la sua opposizione creò una piccola guerra all’interno della gerarchia ecclesiastica. Del resto, insieme all’arcivescovo di Canterbury Justin Welby, figura principale degli anglicani, Jones viene dall’ala “evangelica”, quella che più di tutte le altre ha mantenuto, finora, una linea tradizionale su argomenti “delicati” quali il matrimonio gay. Anche questa volta Jones lo ha comunque detto: “Il matrimonio è un’altra cosa. C’è differenza fra una unione eterosessuale e l’intimità fra persone dello stesso sesso, e in quest’ultimo caso non possiamo parlare di sacro vincolo”. Eppure, ha aggiunto, “questa è una nuova sfida per la nostra morale. Perché negare una benedizione di Dio a quello che già semplicemente esiste?”.

Nel Regno Unito è passata alla prima lettura in parlamento la legge sul matrimonio gay voluta dal primo ministro David Cameron, dai conservatori e dai liberaldemocratici, ma passata anche con il voto del partito laburista. Una legge che non obbliga le chiese a sposare gli omosessuali, ma che consente alle chiese che desiderino farlo di poterlo fare. Quaccheri, ebrei riformati e altre piccole confessioni già praticano matrimoni gay, ma questi, appunto, non hanno valore legale. Con la nuova legge si supererebbe questo gap, includendo il Regno Unito fra le nazioni che riconoscono il matrimonio fra persone dello stesso sesso. Le civil partnership, che danno praticamente gli stessi doveri e diritti, sono già state introdotte da anni, con successo. Ma la patina di sacro che il matrimonio in chiesa darebbe alle unioni gay sarebbe una vera e propria rivoluzione per costumi e usanze della Gran Bretagna. Ora, Jones, parlando di benedizioni, fa anche una riflessione sul futuro. “Gli storici, fra qualche decina d’anni, considereranno straordinarie queste nostre discussioni odierne sui diritti dei gay. Del resto lo dobbiamo ammettere: se la Chiesa anglicana, come fa, riconosce la validità delle civil partnership, allora dobbiamo anche chiederci se non sia giunto il momento di riconoscere il momento della benedizione di questi istituti”.

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