Sbigottiti, sorpresi, contrariati. I risultati elettorali italiani hanno lasciato inizialmente “basiti” François Hollande e compagnia, che si aspettavano la vittoria del Pd, il partito fratello in Italia del Ps francese. Ma, alle prese con la difficoltà di mantenere gli obiettivi imposti dall’Europa (deficit pubblico al 3% nel 2013, traguardo al quale si è già rinunciato) e in costante tensione con la Merkel e la sua fissazione sul rigore dei conti pubblici, i socialisti francesi iniziano a vedere nell’esito delle elezioni italiane qualcosa di positivo: la prova che a livello europeo qualcosa deve cambiare.

Ieri Hollande ha chiamato Pier Luigi Bersani: una lunga conversazione. I due hanno convenuto sul fatto che “riformare il sistema politico italiano e rilanciare misure tese a risolvere i problemi sociali causati dalla recessione sono due obiettivi decisivi per l’Italia”. Non solo. Hollande e Bersani si sono trovati d’accordo sul fatto che “la crisi economica e la sofferenza che ne deriva sono ormai di tale gravità che è anche l’Unione europea in quanto tale a non poter e non dover restare sorda rispetto al messaggio chiaro che emerge dal voto degli italiani”. All’Eliseo resta la preoccupazione per l’ingovernabilità a Roma. Ma al tempo stesso si comincia a scorgere negli ultimi fatti italiani una pezza d’appoggio all’insofferenza crescente di Parigi per Berlino.

Sul Movimento 5 Stelle per il momento i socialisti, al potere in Francia, non si pronunciano, almeno direttamente. Ma ieri Arnaud Montebourg, ministro del Risanamento produtivo, espressione dell’anima più a sinistra dell’Esecutivo, ha sottolineato con soddisfazione che “gli italiani hanno rigettato la politica imposta dai mercati”. “Le conseguenze di un voto sovrano non dovrebbero essere neanche discusse”, ha aggiunto stizzito a chi gli faceva notare il caos possibile che il successo dei grillini poteva provocare. Quanto a Jérome Cahuzac, ministro del Bilancio, ha detto che “il primo insegnamento che deriva dalle elezioni italiane è che la Francia, mediante quanto già richiesto da François Hollande, aveva ragione di domandare ai tedeschi un budget per il rilancio dell’economia quando a Bruxelles si discuteva del bilancio europeo”.

A dirsi soddisfatta per i risultati delle elezioni italiane è stata anche Marine Le Pen, alla guida del Front National. Per la zarina dell’estrema destra francese, si è trattata “di una rivolta antieuropeista”. “Quello espresso dagli italiani con questo voto – ha sottolineato – è un segnale importantissimo indirizzato all’Unione europea. Gli italiani dicono a Bruxelles che non è possibile andare avanti avendo i popoli contro e facendo finta di niente. Adesso l’Unione europea è costretta a tenere conto che il 50% degli italiani ha espresso una vera indignazione nei confronti della politica dell’austerità”. La simpatia, almeno indirettamente, per chi ha votato Grillo (oltre che per Berlusconi, un tempo criticato dalla Le Pen), da parte della leader dell’estrema destra non può che contribuire ad alimentare la confusione in testa ai francesi riguardo al movimento di Grillo, che tanti media continuano a descrivere come una forma di poujadismo (ossia populismo reazionario), con accenti di razzismo e di ostilità nei confronti degli immigrati. Amplia è pure l’incomprensione nei confronti del sistema elettorale italiano da parte di un Paese dove vige il sistema maggioritario a due turni, con collegio uninominale, alle elezioni politiche. E dove, quindi, il Partito socialista, che al primo turno nel giugno 2012 ottenne il 29,3% dei consensi, ha potuto dopo il secondo turno strappare da solo la maggioranza assoluta in Parlamento. Con la quale oggi governa senza sussulti, né incidenti di percorso rilevanti.

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