Si vota, ma entro il 23 febbraio per un’altra cultura che rispetta non solo donne uomini, ma tutti i generi. Come dicono gli annunci della radio l’elettore deve votare seguendo le seguenti istruzioni che si trovano sul sito del “Premio immagini amiche.

Si tratta di una delle iniziative più all’avanguardia che esistano in Italia in questo momento storico per creare una rappresentazione non stereotipata di genere. Fondazione Pangea è onorata di far parte del Comitato d’onore.

Quando parliamo di stereotipi parliamo di tutti quei modi di esprimersi, di agire, di pensare e immaginare comuni alla maggioranza delle persone sui ruoli sociali e rappresentazioni che uomini donne e generi plurali dovrebbero assumere solo perché biologicamnete riconducibili a donne e uomini; ingabbiandoci in situazioni definite e preconfezionate. Così nascono i luoghi comuni: la danza per esempio è associata a una donna bella ed esile e l’ingegnere a un uomo serio e con gli occhiali spessi. 

“Immagine Amiche”, alla sua terza edizione, nasce a seguito di una risoluzione del Parlamento europeo votata il 3 settembre 2008 sull’impatto del marketing e della pubblicità sulla parità fra donne e uomini.

Il concorso è promosso dall’Udi, Unione donne in Italia, e dal Parlamento europeo: attaverso il suo svolgimento si “vuol valorizzare una comunicazione che, al di là degli stereotipi, sia in grado di veicolare messaggi positivi e socialmente responsabili. Il premio vuole contrastare la tendenza della pubblicità e dei media ad abusare dell’immagine delle donne, svilendone il ruolo, affermando che una cultura diversa è possibile, incoraggiando la crescita di una nuova generazione di creative/i”.

La soluzione del Parlamento europeo ben si sposa con l’articolo 5 della Convenzione per l’eliminazione di tutte le discriminazioni contro le donne (Cedaw), che l’Italia ha ratificato nel 1985. La Cedaw è uno dei trattati che stabiliscono il corpo dei principi fondanti del diritto nelle Nazioni unite.

A controllare come i governi attuino questa Convenzione nei propri Paesi vi è un Comitato Cedaw che si riunisce ogni quattro anni.

L’Italia già nel 2005 era stata indirizzata a incoraggiare i mass media e le agenzie pubblicitarie per divulgare una immagine della donna quale “partner alla pari in tutti gli ambiti della vita”. Nel 2011 questa raccomandazione è stata ripresa dal Comitato Cedaw e viene sottolineata come punto centrale delle sviluppo democratico, culturale, sociale ed economico per il nostro paese.

Ma siamo lontani dal raggiungere questi obiettivi. Lo dimostrano i fatti di questi giorni durante la campagna elettorale con la richiesta di pubbliche scuse di una lavoratrice qualunque nei confronti di un politico qualunque che utilizza qualsiasi espediente per far parlare di lui.

Il rapporto ombra della Piattaforma Cedawespone chiaramente questo punto: “iI ritardo sulla questione stereotipi si riflette anche sul dibattito politico e nell’adozione di leggi e di politiche che presuppongono e rafforzano i pregiudizi e gli stereotipi.” 

Quando incontrammo i membri del Comitato Cedaw nel 2011 ci dissero chiaramente che se l’italia non avesse fatto subito qualcosa per cambiare l’atteggiamento culturale nei confronti delle donne, la loro rappresentazione e gli stereotipi di genere e non avesse preso serie soluzioni per contrastare la violenza, ogni sforzo di avanzamento verso le pari opportunità sarebbe stato reso vano in qualsiasi altro ambito della vita lavorativa, sociale e politica.

Ecco perché il Comitato Cedaw ha chiesto che nel 2013 l’Italia presenti un resoconto di quanto ha fatto sul tema stereotipi e sulla violenza di genere. Sono quasi sicura, (forse sono troppo pessimista?) che questo non sarà un argomento all’ordine del giorno del prossimo governo. Meno male che almeno c’è  il “Premio immagini amiche”. Visto che non devo essere politically correct posso dire cosa voterò?

In particolare vi dirò quelli che in assoluto mi piacciono anche se non sono produzioni italiane:

The best job” tradotto “Il miglior lavoro” che è in assoluto la pubblicità che preferisco. Finalmente qualcuno che parla del valore del lavoro che tutti danno per scontato e che è impagabile. Poi tutti abbiamo una mamma e forse molte sono anche mamme. Quindi tutti possiamo ricordare attimi della nostra vita attraverso questo video.

Sul web: sarà perché ero in piazza a ballare ma il “One billion rising” mi sembra la migliore iniziativa  – non solo in Italia ma anche nel mondo –  che si potesse fare per rompere gli argini della comunicazione tra uomini e donne su un tema così difficile come la violenza per mano maschile per discutere e ballare insieme al plurale. 

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