Mentre sugli schermi televisivi e sui social network impazza una campagna elettorale a base di contratti, banche e polemiche sulla giustizia, in cui i diritti civili fanno raramente capolino, gli italiani si scoprono dieci anni avanti rispetto alla classe politica che li rappresenta. E decisamente più libertari. Solo che per una volta a dirlo non sono gli opinionisti da salotto, ma una sentenza e una ricerca sociale che, uscite nello stesso giorno, hanno il pregio di mostrare da un lato e dall’altro come l’atteggiamento del Paese sia cambiato rispetto a una pluralità di temi che non trova spazio nell’agenda delle prossime elezioni.

Da un lato, con la sentenza depositata oggi, la corte di Cassazione ha finalmente risolto il conflitto normativo che ruotava attorno al concetto di “consumo di droghe in gruppo”. Traduzione, farsi una canna con gli amici, indipendentemente dal fatto che a comprarla sia il singolo o il gruppo, non è un reato. A dire il vero il caso in oggetto era molto più complesso e legato a un caso di morte per eroina. Ma il concetto che ne scaturisce ricade a cascata sul comportamento dei cittadini italiani, il popolo in Europa con il più alto consumo (reo confesso) di cannabis. Cinque milioni di persone, tra fumatori abituali e non, con una percentuale che sale fino al 18% dei giovani fino a 35 anni.

Italiani popolo di fumatori, quindi, ma non solo. Nella percezione delle persone, infatti, prende sempre più forza un sostanziale favore verso l’allargamento dei diritti. Quelli delle coppie, il diritto alla maternità, il diritto a scegliere la propria morte. A tracciare il quadro è il “Rapporto Italia” dell’Eurispes. Che da un lato dipinge una popolazione impoverita e in bolletta. Dall’altro, fra la nascita di un compro oro e la chiusura di una azienda, vede gli italiani sempre più inclini a una laicità di fondo sui temi “eticamente sensibili”. A cominciare dalla procreazione medicalmente assistita, sulla cui sorte sette anni si consumo il fallimento più bruciante della storia dei referendum, quando il quorum abbatté ogni ipotesi di modifica della legge 40: oggi il 79,4% degli italiani è propenso a individuare ulteriori possibilità per realizzare il desiderio di maternità. Come prevedibile, rispetto alla fecondazione assistita i più favorevoli sono gli italiani che si considerano di sinistra (86,7%) e di centro-sinistra (86,4%). Ma stupisce (e forse non dovrebbe) il dato degli elettori di centro-destra (83,3%) e di destra (72,1%) e centro (71,1%).

Stessa tendenza, con una progressione degna di nota, per chi si dichiara favorevole all’eutanasia: dal 50% del 2012 si passa all’attuale 64,6%. E così anche il testamento biologico registra un aumento di consensi, di oltre dieci punti percentuali: dal 65,8% dello scorso anno al 77,3% del 2013. Questione diversa per il suicidio assistito: rimane contrario il 63,8% degli italiani (lo scorso anno era convinto di questo il 71,6%), ma ottiene comunque il favore del 36,2% (contro il 25,3% del 2012). 

Al contrario, il 77,2% degli italiani, finora ignorato dalla politica, è pronto e favorevole alla tutela giuridica per le coppie di fatto. Anche in questo caso il consenso maggiore si registra tra coloro “che hanno preferenze politiche di sinistra (centro-sinistra 85,1%, sinistra 86,1% )”. Una distanza maggiore tra gli italiani che prediligono le forze di centro (67,8%) e quelle di destra (destra 68,9% e centro-destra 71,7%). Quanto al divorzio breve, discusso e accantonato nel passato politico, gli italiani a favore della sua introduzione sono l’86,3%, in aumento rispetto all’82,2% del 2012. “Tra i più convinti, quelli che risiedono nel Centro Italia (90,6%), mentre i più diffidenti – ma con valori che attestano comunque un alto grado di interesse – sono quelli che vivono nelle Isole (80,8%)”, rileva l’Eurispes.

Resta piuttosto da decifrare perché il tema sia così poco sentito tra le forze politiche nella battaglia elettorale. Forse perché con i diritti non si mangia. O forse per non spaventare le alte sfere del Vaticano, il cui sostegno appare sempre determinante per la vittoria, i temi etici sembrano essere stati completamente cancellati. Riapparsi brevemente nel confronto interno delle primarie Pd, le unioni gay sono definitivamente uscite dall’agenda della competizione a tre Bersani-Berlusconi-Monti. Tanto che quest’ultimo, presentando la sua agenda, si è potuto permettere di ammettere come i diritti non fossero “centrali” nel suo programma, senza che questo producesse particolari danni. Il pensiero va automaticamente agli Stati Uniti, dove poche settimane fa Barack Obama ha osato incentrare il suo discorso di insediamento sulla parità dei diritti tra uomo e donna, tra eterosessuali e gay. Pur avendo di fronte a sè una nazione molto più conservatrice, quando non dichiaratamente ostile al cambiamento.

 

 

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