Nella sua “Amaca” di ieri su Repubblica, Michele Serra, che stimo moltissimo, riepiloga le ragioni per cui l’astensione di massa alle elezioni siciliane sarebbe stata un grave errore. “La Sicilia verrà comunque governata da un governo di altri”. “Chi non ha votato, per quanto maggioranza assoluta, pesa come la più insignificante delle listarelle”. “Grazie all’astensione servono meno voti per governare”. E conclude dicendo che chi non vota perde “il diritto a lamentarsi”.

Non sono d’accordo con lui.

In questo Paese abbiamo sempre votato “per il meno peggio”, per poi lamentarci. La lamentela è lo sport più praticato d’Italia, ben più del calcio e del pranzo domenicale dalla mamma. Questo sì che, pur essendo stato per decenni un comportamento maggioritario, è valso a ben poco. Siamo qui, oggi, in questo disastro politico e morale, in questa Sodoma istituzionale e culturale, soprattutto perché ci siamo sempre “turati il naso votando Dc” (prescindendo dalla Democrazia Cristiana o da altre scelte di voto, solo per citare il noto slogan anni Settanta). Se il voto è una cosa importante, be’, allora votare così l’ha svilito, umiliato, e ha prodotto danni gravissimi. Quelli che abbiamo tutti sotto gli occhi.

Chi non ha voglia di votare, chi dichiara di volersi astenere alle prossime lezioni politiche, ha tutte le ragioni per farlo, e la sua scelta ha valore tanto quanto il voto, forse di più. In questa Italia massacrata occorrono discontinuità radicali, importanti, emblematiche. Occorre che sia chiaro che la delega a questo sistema di pensiero politico, di proposta elettorale, di pratica di governo, viene tolta per manifesta incapacità e fraudolenza dei partiti. Sostenere, come qualcuno fa, che non bisogna fare di tutta l’erba un fascio è sempre più difficile, ormai direi impossibile.

La Lega del “Roma ladrona” era governata da una consorteria famigliare di cui la giustizia si è dovuta occupare perché, altrimenti, quel partito e quel pensiero non si sarebbero mai riformati, se mai l’hanno fatto. Tutti sapevano, ma andava bene così. Da Lusi a Batman appare chiaro che senza l’intervento della magistratura nessuno dei partiti, dove tutti sapevano e sanno, avrebbe interrotto il sistema di ruberie, sprechi, distrazioni di denaro pubblico. E chissà quante altre cose sanno, senza che le sappiamo noi, non ancora. Le Regioni che non hanno pendenze con la giustizia quanto a denaro sprecato o rubato, viene da pensare che siano solo quelle non ancora visitate dalla Guardia di finanza. Per le altre il verminaio è infestante, generalizzato, trasversale, quando non hanno investito i nostri soldi in mutui subprime, o nei bond Cirio e Parmalat, distruggendo ricchezza del Paese.

E la proposta politica, poi… I partiti si dividono tra apparati posticci e del tutto slegati dal Paese, in mano a un uomo soltanto, come nel caso del Pdl, a coacervi ormai indistinti e senza identità come il Pd, di sinistra ma così filo-capitalista, che ancora non sa dirci cosa pensi del nucleare, delle coppie di fatto, ma sa per certo che è favorevole al Tav. Renzi è un diessino neoliberista, che ieri da Floris spiegava come far ripartire i consumi e tempo fa spiegava che per far riprendere l’economia dobbiamo lavorare anche il 1° maggio; da lui a Vendola a chiunque altro, nessuno parla di come rifondare il sistema fallito di questo capitalismo, nessuno percepisce in alcun modo il bisogno di fermare il principio egemone della sola crescita economica, o l’urgenza di uscire da una cultura consumista, che devasta le nostre vite, l’ambiente, il territorio. Ognuno di loro, per quasi tutto l’arco costituzionale, si è alternato al governo dimostrando di non credere nella scuola, nella formazione, nell’istruzione, nell’università, nella ricerca scientifica, nell’ambiente, e in tutto ciò che serve per rendere la nostra vita migliore, più umana, meno schiava del lavoro, del denaro, dell’ignoranza televisiva, della pubblicità, del petrolio.

Le speranze sembrano tutte e soltanto riferite a Beppe Grillo, movimento di cittadini come già la Lega, nato sull’onda dell’esasperazione, che poi, per organizzarsi, viene il timore che dovrà anche lui far ricorso a oligarchie che non riesco a comprendere, pericolose tanto quanto l’apparente democrazia dei partiti. L’ispirazione che guida il cittadino Grillo è quella del far contare la gente, farla decidere direttamente, magari con un click sul mouse. Ma è proprio questa gente, questi italiani (noi!) che non sanno cosa fare, che hanno bisogno di aiuto, che hanno votato Berlusconi per vent’anni, che sono del tutto inadatti a votare direttamente su materie complicatissime, che chiedono a gran voce una nuova frontiera, una nuova speranza, nuovi principi, nuovi ideali, nuove coscienze e culture di governo! Chiedereste mai a chi per tutti questi anni è corso dietro a consumi smodati e politici corrotti, di governare un Paese in punta di mouse? Io no.

Siamo arrivati fin qui, fino a questo disastro di idee e pratiche, votando. Votando sempre male, seguendo questa follia politica, in cui nessuno è diverso, nessuno è alieno a un sistema di potere del tutto slegato da principi nuovi e da una cultura originale, contro, a favore di altro, capace di evolvere. Una politica disastrosa, anche quando non era corrotta, che sperperava i denari che poi ci chiedeva di guadagnare sudando sangue. La politica che arriva fino ad oggi è quella che ha preso atto solo “dopo” la magistratura che esisteva l’eternit, l’Ilva, l’Acna, Seveso, la centrale Enel di La Spezia che brucia ancora carbone, la discarica di Pitelli… e che domani prenderà atto tardivamente del Tav e di chissà cos’altro. Dopo. Dopo che l’avremo votata. Tardi.

Forse l’unico modo per interrompere tutto questo è proprio mettere davvero in minoranza il sistema politico nel suo complesso. Forse serve un urlo corale: “Io non ti voto più!”. Forse il vero partito, l’unico che merita rispetto, non fosse altro per la coerenza con il proprio dissenso verso l’attuale condizione del Paese, è quello di chi si indigna e smette di svilire il voto così, o di farsi correo di quel che capita e capiterà. Forse l’unico messaggio che non abbiamo ancora dato è disertare le elezioni in massa, il 70% dei cittadini che dice: “non ti voto perché non ti riconosco. Non ti accetto. Non mi rappresenti. Io non sono come te!”, costringendo il presidente della Repubblica a prendere atto del fallimento politico, della necessità di lasciare spazio ad una nuova generazione, con altri pensieri, con altre regole.

Vorremmo non doverci vergognare ancora, e questo è un diritto. Questo pensiero però non si chiama anti-politica, si chiama dignità. La stessa dignità che viene compromessa votando per poi lamentarsi.

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