Spesso le conseguenze disumane di posizione ideologiche sono negate o nascoste sotto una coltre di termini complicati. Benvengano, dunque, dichiarazioni come quelle rilasciate oggi da Monsignor Sgreccia al Corriere, che hanno almeno il pregio della chiarezza.

Parlando di Martini, Sgreccia dice: “La situazione di Welby era affatto diversa. C’erano terapie che avrebbe potuto rifiutare fin dall’inizio, quando ad esempio venne fatta la tracheotomia. Uno può dire: vado avanti seguendo la natura, non voglio un procedimento straordinario, essere attaccato a una macchina. Ma una volta che è accaduto e chiedi al medico di staccarti, allora la cosa cambia, gli chiedi di interrompere la vita, chiedi a un altro di farti morire”.

Si attacca e non si stacca più“, recitava la pubblicità della nota colla istantanea. Non  importa se la terapia nel frattempo è diventata insopportabile a chi la deve sopportare. Avrebbe dovuto pensarci prima, e morire tra le braccia della natura. Ma una volta scelta la tecnica, e quella sta in mano agli uomini, cioè al potere, cioè a loro.
Una logica inattaccabile, Anzi, instaccabile.

P.S: come sulla legge 40, anche sulle scelte di fine vita c’è un appuntamento decisivo: il Congresso dell’Associazione Luca Coscioni, 6-7 ottobre, Milano, Palazzo Reale

Articolo Precedente

Testamento biologico, a chi spetta l’ultima parola?

next
Articolo Successivo

Disuguaglianza: i “non-luoghi” comuni di Marc Augé

next