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Stupro, le false scuse di Akin

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Todd Akin, candidato repubblicano nel Missouri, ha chiesto scusa per la sua dichiarazione orribile. Scuse inutili, false e che, soprattutto, non cancellano l’offesa rivolta, in maniera superficiale e banale, alle donne. Scuse ai suoi elettori non alle donne. Ai suoi elettori, ai quali “propina” la sua immagine di padre di “due bambine” pentito e dispiaciuto. Un’immagine patetica che non tocca nessuno di quegli animi offesi, solo qualche giorno prima, con una frase che è peggio di un’altra violenza, di un’altra violazione della propria intimità: “in caso di stupro vero e proprio, le donne non possono restare incinte”. Secondo Akin, infatti, una donna, se “davvero violentata” – e che, dunque, non stia “fingendo” un reato al quale gli uomini credono sempre di meno – può evitare – con metodi magici che il repubblicano avrà imparato da qualche libro di stregoneria – di restare incinta, “espellendo” tutto.

Akin ha chiesto scusa solo ed esclusivamente perché vuole vincere le elezioni e spera che gli americani credano alla sua buona fede. E a quella di Romney che, addirittura, gli ha chiesto di ritirare la sua candidatura. Il buon Mitt, si sa, dice ogni giorno tutto e il contrario di tutto, nella speranza, rinverdita dalla quantità oscena di denaro fatta arrivare nelle sue casse dai Paperoni americani, di andare ad occupare la Casa Bianca: abitazione modesta per il suo tenore di vita ma uno “sfizio” che il capriccioso miliardario vuole togliersi ad ogni costo.

Le scuse, peggiori dell’offesa, di Akin sono fasulle come una banconota da tre dollari. Lui, infatti, e il buon Ryan, vice prescelto da Romney per attirarsi le simpatie dei teapartisti vogliosi di rissa, e un altro manipolo di gentiluomini che, potendo, alle donne toglierebbero persino il diritto di voto, stanno da tempo provando a far passare una legislazione per “rivedere” la dicitura del reato di stupro. Non per ampliarla come sarebbe auspicabile, ma per limitarla. Essi, inoltre, se non bastasse, sono fieri, fermi e feroci oppositori dell’aborto anche nei casi in cui la gravidanza fosse stata originata da una violenza sessuale. Innanzitutto, come ha ben detto Akin, le violenze sessuali “vere e proprie” quante saranno? Una, tre, forse quindici. Negli altri casi, sicuramente saranno stati amanti appassionati o donne che, naturalmente, hanno provocato e poi inscenato. Insomma, in quei quindici/ venti casi, una donna (il cui ruolo nella vita non è altro che quello di procreare) deve partorire e crescere un figlio non cercato, non voluto e frutto di un’atroce violenza perché un gruppo di maschi “che hanno figlie femmine” ha deciso che la vita è sacra. La vita di una cellula. Non quella di una donna ferita, violata, violentata e segnata per sempre alla quale si vuole negare un sacrosanto diritto di scelta.

Qualche giorno fa un altro “uomo illuminato”, il palazzinaro Donald Trump, dall’alto del suo invidiabile ciuffo, ha sentenziato che le donne in America non si rendono conto di cosa stia succedendo. Il suo allarme derivava dal fatto che le statistiche mostrano che le donne americane, soprattutto le single, sono le maggiori sostenitrici di Barack Obama, che Trump detesta.

Da donna italiana che vive negli Stati Uniti, io auspico fortemente la rielezione di Barack Obama. Perché la mia vita conta molto. Ma non conterebbe nulla nelle mani di questi folli che sarebbero capaci di riportare il paese indietro anni luce. Sulla pelle delle donne.

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