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Mancino: “Non ricordo il contenuto delle telefonate con Napolitano”

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“Non ricordo le due telefonate con Napolitano nel contenuto”. Così l’ex ministro Nicola Mancino – indagato dai pm di Palermo per false comunicazioni – ha risposto a Enrico Mentana nel corso della anticipazione di Film cronaca, in onda su La7. Mancino, in studio con l’ex ministro Claudio Martelli, ha risposto alla domanda diretta del giornalista, dopo che oggi, su quelle telefonate, e la legittimità della loro intercettazione, il capo dello Stato Giorgio Napolitano ha sollevato il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato di fronte alla Corte costituzionale. Mancino ha spiegato di aver scritto al Capo dello Stato per chiedere un coordinamento tra le procure. “Tre uffici giudiziari non possono procedere senza coordinamento”: “ci sono stati riunioni ma non tali da ricondurre a unità un episodio come quello della strage di via d’Amelio”, ha detto.

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“Ma che cosa è successo secondo voi nel ’92?” ha chiesto il conduttore. Per Martelli, quella del ’92 non fu una trattativa, ma la ripresa di una “trattativa che durava da 50 anni, dal secondo dopoguerra”. “Trattativa è termine riduttivo – ha aggiunto – convivenza, coabitazione. Dallo sbarco americano in Sicilia fino probabilmente a oggi ci sono stati canali di contatto perché nel contrasto alla criminalità organizzata non si andasse oltre una certa soglia. La reazione dello Stato è stata puntuale, occasionale”.

Quanto alla rimozione di Vincenzo Scotti, predecessore di Mancino alla guida degli Interni, avvenuta pochi giorni dopo la strage di Capaci, per Mancino non fu una conseguenza di un suo interesse alla carica. Anzi, Mancino sottolinea di avere avuto un ruolo determinante per portare a sentenza il maxi processo (con la legge Mancino-Violante) e di “rifiutare l’etichetta di morbido”, da contrapporre all’immagine di Scotti. Quest’ultimo, secondo l’opinione di Martelli, fu rimosso dal suo ruolo al Viminale proprio perché la sua attività di contrasto alla mafia, con lo “scioglimento di molti comuni in odor di mafia”, lo aveva reso inviso di fronte al suo stesso partito.

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