La Bce e la Ue stanno mettendo a punto un “superpiano” per l’Eurozona con lo scopo di salvare e rafforzare l’euro. E’ la ricostruzione del giornale tedesco Welt am Sonntag (l’edizione domenicale del giornale conservatore) secondo quanto riporta l’agenzia Bloomberg. Il piano include proposte per integrare la politica di bilancio, creare “un’unione bancaria”, “un’unione politica” e sottoscrivere riforme strutturali comuni. Al piano starebbero lavorando il presidente della Bce Mario Draghi, il presidente della Commissione Ue Josè Manuel Barroso, il presidente del Consiglio Ue Herman Van Rompuy e il presidente dell’Eurogruppo Jean Claude Juncker.

I leader dell’Eurozona hanno incaricato proprio Draghi e altri tre leader europei di produrre una bozza per la fine di questo mese. Un rapporto su questo cosiddetto “masterplan” sarà incluso nelle risoluzioni del vertice europeo di fine giugno. Il gruppo dei quattro è stato anche incaricato di creare una roadmap per arricchire le proposte entro la fine dell’anno.

Al centro del progetto ci sarebbero quattro relazioni, una per ciascuno degli aspetti da approfondire: riforme strutturali, unione bancaria, unione fiscale e unione politica. Un lavoro che starebbe proseguendo, secondo la Welt, sotto traccia, proprio perché sarebbe fondamentale per far ripartire il processo di crescita, oltre che politico, dell’Unione Europea, dopo lo stallo che dura ormai da anni. Dopo due anni di crisi, spiegano fonti qualificate al giornale tedesco, è tempo che l’Europa dica al resto del mondo da che parte vuole andare. Maggiori poteri per le istituzioni europee sui bilanci nazionali, un organismo di controllo europeo per il settore bancario con nuovi poteri, maggiore armonia sulle politiche economiche, fiscali, di politica estera e di sicurezza e una riforma dei programmi di welfare: questi alcuni punti su cui stanno discutendo i vertici delle istituzioni europee. Un piano che, spiega il quotidiano, potrebbe essere applicato inizialmente solo ai 17 Paesi dell’Eurozona e non a tutti i 27 dell’Unione europea.

L’unione bancaria. Si fonda su tre elementi principali: un istituto europeo di vigilanza bancaria, un comune Fondo interbancario di tutela dei depositi e un fondo comunitario d’emergenza per gli istituti bisognosi. Soprattutto quest’ultimo sarebbe una risposta diretta ad uno dei maggiori problemi della crisi dell’euro, spiega la Welt: cioè le grandi banche in difficoltà che diventano rapidamente una minaccia per la vita del Paese d’origine. Un problema che ha spinto l’Irlanda “tra le braccia” del piano di salvataggio e che ora minaccia, come noto, la Spagna. 

Ma su questo – ed è la partita che si sta giocando da mesi – ci sono resistenze da parte della Germania, soprattutto su un fondo di salvataggio europeo. “Specialmente in Germania – dicono fonti della Bce citate dal giornale tedesco – si può vendere questa idea solo se il fondo è finanziato dal settore finanziario stesso, come una tassa bancaria o una tassa sulle transazioni”. Ma si tratterebbe di un fondo che sarebbe in grado di agire solo dopo molti anni. Sarebbe, secondo i detrattori tedeschi – assistenza a breve termine con il denaro dei contribuenti, il che significherebbe una sorta di unione fiscale, ma “passando dalla porte posteriore”. La conclusione del giornale berlinese del resto, “è che il problema non è certo l’unione bancaria per far tornare ai cittadini l’entusiasmo per l’Europa”.

Le riforme strutturali. Un approfondimento dell’integrazione europea è essenziale, ha detto il cancelliere Angela Merkel, la scorsa settimana e ha avvertito che la priorità sono le riforme strutturali. E’ ciò che dice la Germania dall’inizio della crisi: gli Stati in Europa meridionale rinnovino i loro sistemi, deregolamentino i loro mercati del lavoro e così il mercato europeo può diventare realtà. “Il probabile esito degli sforzi di riforme in corso sarà: noi tedeschi otteniamo le riforme politiche che vogliamo e allora apriremo un po’ di più il portafogli” afferma alla Welt Jürgen Neyer, professore di scienze politiche all’Università Viadrina di Francoforte. Viceversa la pensano in altro modo Francia, Italia e Spagna. 

L’unione fiscale. Qui pesa ancora il raggiungimento faticoso dell’accordo comune sul patto fiscale, il “fiscal compact”, approvato da ultimo anche dall’Irlanda, anche con un referendum popolare. Ma la stessa Merkel aveva chiesto norme anche più severe, come portare i trasgressori del debito davanti alla Corte di giustizia europea. Ma questo ha subito allontanato la Francia. Se da un lato gli Stati dell’Europa meridionale pensano a un’unione fiscale (senza però regole comuni di bilancio), la Merkel respinge l’idea degli Eurobond. Se, insomma, nasce una politica finanziaria europea con “un’apertura” a destra per quanto riguarda il bilancio nazionale, la Germania dovrà cedere qualcosa anche sulle obbligazioni. Ma il cammino è ancora lungo. L’unione fiscale resta un difetto di progettazione dell’unione monetaria. Servirebbero alcuni cambiamenti dei trattati europei, ma saranno complicati e lunghi.

L’unione politica. Infine la questione che spesso è oggetto di lamentele: il deficit democratico nell’Unione europea. Un rafforzamento del Parlamento europeo contribuirebbe a ridurre questa carenza. Inoltre, gli “architetti” della nuova Europa, come li chiama la Welt, sperano di infondere maggiore entusiasmo nei cittadini europei, se questi ultimi riescono a ottenere più potere a Bruxelles. Alla fine l’obiettivo è la visione di un’Europa che possa parlare finalmente una sola voce nel mondo – dalle decisioni sulle azioni militari al seggio unico al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ad una politica fiscale comune. Una vera unione politica, tuttavia, richiede un quadro legislativo comune e qui può fallire il progetto. 

 

 

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