Francesco Belsito si sentiva accerchiato e così decise di ingaggiare degli investigatori privati “per capire alcune cose” su Roberto Maroni. Si aggiunge un ulteriore capitolo alla resa dei conti interna al partito, dopo che finì sui giornali l’affaire Tanzania e prima dell’esplosione dello scandalo della Lega: un dossier sull’ex ministro dell’Interno. Materiale che però al momento non è stato acquisito dai magistrati della Procura di Milano.

Ma Belsito, dopo essere stato travolto per giorni dalle polemiche e dopo l’espulsione decisa dal consiglio federale del Carroccio, sembra voler cominciare a ribattere alle ricostruzioni di questi giorni, in particolare quelle che arrivano dall’interno della Lega. Rispondendo a una dichiarazione di Cota, per esempio, ha chiarito che i soldi utilizzati per l’acquisto di diamanti e oro erano quelli della Lega. Mentre dall’inchiesta, come già anticipato oggi dal Fatto Quotidiano, emerge che gli ordini di acquisto dei preziosi erano firmati da Rosi Mauro e Piergiorgio Stiffoni, senatori citati anche nelle telefonate tra lo stesso Belsito e una delle segretarie amministrative, Nadia Dagrada. Entrambi hanno sempre giurato la loro estraneità rispetto a questi fatti; la prima in particolare, rifiutandosi di dimettersi da vicepresidente di Palazzo Madama, ha pagato anche con l’espulsione dal partito.

Il dossier su Maroni. L’ex tesoriere si sentiva braccato e per salvarsi decise di “controllare” quello che riteneva il rivale principale, l’ex ministro dell’Interno. Nel dossier su Maroni ci sono visure camerali e appunti scritti a mano: una raccolta di documentazione ordinata da Belsito stesso. Ad ogni modo le Procure che stanno indagando per ricostruire i percorsi del denaro pubblico uscito dalla tesoreria della Lega Nord al momento non hanno acquisito niente.

A rivelare l’esistenza del dossier è stata un’anticipazione di un servizio del numero di domani di Panorama, ma è stata confermata anche dallo stesso Maroni che ha visto la documentazione. “Sia chiaro, non mi fermerò – avverte il triumviro del Carroccio – fino a quando gli eventuali colpevoli non saranno cacciati. Altrimenti me ne andrò via io. Per quanto riguarda il dossier è ridicolo. Contiene cose inventate e inverosimili. E’ stato fatto per screditare. Voglio solo citare quanto comparso su Panorama: si è scoperto che avevo una grande barca a Portorose in Slovenia, mentre era Porto Rosa di fronte alle Eolie dove qualche anno fa avevo una barca”. ”E’ incredibile che l’ex ministro dell’Interno sia stato oggetto di attività di dossieraggio – riflette – Non è un tentato dossieraggio, è un dossier che io ho visto. Mi sembra molto grave”, soprattutto “se qualcuno sapeva o era consenziente. Sembra che sia stato pagato con i soldi della Lega: è la cosa più grave”.

Secondo Panorama il cuore dell’indagine avviata da gennaio sarebbe stata in particolare la pista delle barche di Maroni: tre natanti secondo loro riconducibili a Maroni (un catamarano e due motoscafi). Maroni ha anche replicato a quanto si trova nel dossier: “Non ho alcuna difficoltà a farlo, perché non c’è nulla di segreto e meno che limpido”. L’ex ministro racconta, tra l’altro, di non avere nessuna barca a Portorose, ma che per tre anni ha tenuto ormeggiata la sua a Portorosa in Sicilia: “Più che emuli di James Bond questi signori sembrano Qui, Quo, Qua”.

“A Bossi ho detto cosa facevo”. Panorama fa parlare Belsito. “Non appena ho capito chi fossero i miei nemici (dentro alla Lega nord ndr) – spiega l’ex tesoriere – ho deciso di fare un po’ di ricerche su quelli che sostengono di essere trasparenti, puliti e corretti. Presto ognuno dovrà assumersi le proprie responsabilità”. Ma Umberto Bossi sapeva dell’attività di dossieraggio? “Gli ho detto che mi sentivo accerchiato e che stavo cercando di capire alcune cose su Maroni – risponde – Se mi ha scoraggiato? In realtà non mi ha detto niente”. Secondo quanto emerge da ambienti della Lega, peraltro, ad essere finiti sotto la lente degli investigatori privati ci sarebbero anche alcuni deputati del partito ritenuti vicini a Maroni: Gianluca Pini, Giovanni Fava e Fabio Rainieri.

Belsito: “Contro di me un disegno politico”. Francesco Belsito proprio oggi ha rotto il silenzio. Per la prima volta da quando lo scandalo Lega è cominciato, ha deciso di dire direttamente la sua per quanto riguarda le accuse di “appropriazione” mosse nei suoi confronti da esponenti della Lega. E, per la prima volta, parla di “disegno politico” contro di lui, per screditarlo. “Io non mi sono mai appropriato dell’oro e dei diamanti della Lega – ha dichiarato oggi – Io ne ero solo il custode in virtù dell’incarico di tesoriere ricoperto nel partito”. La decisione da parte di Belsito di uscire allo scoperto deriva dalle dichiarazioni fatte a Ballarò dal presidente della Regione Piemonte, Roberto Cota. Intervenendo alla trasmissione di Raitre, il presidente della Regione Piemonte aveva detto di essere rimasto “sgomento” di fronte allo scandalo: “Verranno accertate le responsabilità, e noi chiediamo tempi rapidi – ha affermato Cota -. Peraltro questi lingotti sono stati riconsegnati alla Lega perchè sono della Lega, che in questa vicenda è parte lesa. Lui (Belsito) si è appropriato di soldi della Lega per comprarsi quei diamanti”.

Di fronte a queste parole, Belsito per la prima volta ha deciso di dire la sua verità: “Non è dato comprendere come il presidente Cota abbia potuto parlare di appropriazione dell’oro e dei diamanti, visto che gli stessi sono stati acquistati nell’ambito di regolari investimenti dei soldi della Lega, perfettamente tracciabili in quanto provenienti da conti correnti intestati al partito”. “Io – ha aggiunto – ne avevo la custodia in quanto tesoriere. Lo prova il fatto che non appena cessato l’incarico mi sono immediatamente attivato per il trasferimento dei beni al nuovo tesoriere”.

“Con tutta evidenza – ha aggiunto – la dichiarazione di Cota pare inserirsi in un disegno politico volto a screditare il sottoscritto, anche in relazione a fatti sui quali non vi dovrebbe essere alcun dubbio sulla legittimità dell’operato”. I magistrati di Milano che indagano sulle distrazioni dei fondi della Lega si dicono intanto pronti a interrogare l’ex tesoriere.

Le firme di Rosi Mauro e Stiffoni. Il Fatto Quotidiano l’aveva già scritto oggi. Nelle carte acquisite dagli investigatori della Finanza viene indicato che la Mauro e Stiffoni hanno aperto due conti lo scorso gennaio. E con quei conti, accesi “ad hoc”, hanno comprato attraverso una società di intermediazione 300mila euro in diamanti: 200mila per Stiffoni e 100mila per Mauro. Tra le carte acquisite ci sono i certificati di consegna dei diamanti con le firme personali dei due parlamentari. Gli inquirenti dunque stanno cercando di capire se si sia trattato di un investimento fatto a titolo personale, con soldi degli stessi parlamentari, oppure se quel denaro provenga da altri fondi. E’ però certo che Belsito, nella risposta a Cota, ha assicurato che l’acquisto di oro e diamanti sia stato fatto con soldi della Lega.

L’oro sarà liquidato. L’oro sarà liquidato, ha assicurato lo stesso Maroni, per poter far rientrare i soldi: “Ai nostri militanti daremo le risorse che stiamo recuperando da questi investimenti un po’ azzardati, diciamo così, a partire dai lingotti d’oro recuperati ieri e che verranno liquidati. Così come tutto quello che potremo e riusciremo a recuperare”.

La verità di Rosi Mauro 2. Rosi Mauro torna anche a parlare. Dopo la difesa dal salotto di Porta a Porta dove era stata tradita anche da alcuni momenti di commozione raccontando il no a Bossi, la vicepresidente del Senato e segretaria del Sindacato Padano ha scelto ora le telecamere di Matrix per dire di non sentirsi pentita. “Più passano i giorni e più sono convinta di avere fatto la scelta giusta. Dolorosa ma giusta. Non posso cancellare 20 anni trascorsi in Lega Nord e nel sindacato leghista”. “Non mi sono dimessa da vicepresidente del Senato – ha continuato – perché ho la coscienza pulita e penso che dimettermi sarebbe come ammettere che basta una telefonata strana per tagliare i vertici delle istituzioni”.

E i diamanti? Se li è comprati. “Tutto quello che ho guadagnato, l’ho guadagnato con il mio lavoro, i miei 730 sono lì disponibili a tutti, parlano. Ho messo tanti soldi nel movimento e nel sindacato, ho fatto investimenti con il mio denaro, ma sono stufa di far entrare tutti nella mia vita privata”. Alla domanda del conduttore Alessio Vinci, se tra gli investimenti della Mauro ci fossero anche diamanti per 200mila euro, l’ex esponente leghista ha risposto annuendo per poi aggiungere: “Tutto, anche le case”.

La Mauro, chiarendo di non aver mai sentito parlare “di dossieraggio, di spiate o altro”, ammette di “non riuscire più a pronunciare il nome del mio ex collega”, cioè a dire Maroni. “Io ho sempre detto le cose in faccia – ha aggiunto la senatrice – e questo in politica spesso è controproducente. Non ho mai incitato nessuno contro un mio collega di partito e anche quando lui si è messo in aspettativa io sono andata a dirgli in faccia che sbagliava. Non ho incitato la base contro di lui”.

E anche il cerchio magico, secondo Rosi Mauro, è un’invenzione. “Questa storia è stata inventata per far sì che, con il passare del tempo, si dimostrasse che Bossi non era capace di intendere e di volere”. “Mi hanno definita badante – aggiunge – e io non ho problemi a dire che ero onorata a dare una mano al segretario federale. Diciamo che gli altri personaggi intorno a Bossi non sono stati denominati badanti. Hanno cominciato a dire che c’erano queste persone che non facevano avvicinare nessuno a Bossi. Ma questo non è vero. La storia del cerchio magico è ancora più brutta proprio per questo: sembra quasi che avessimo sequestrato Bossi. La verità è che l’invidia a volte è una brutta cosa”.

“Non sono una poltronara e se lo fossi stata avrei fatto un passo indietro per avere la ricandidatura” si difende la Mauro. “Non mi è chiaro quanto sta succedendo, non mi è chiaro fino in fondo – insiste – Ho spiegato anche a Bossi che prima volevo capire cosa stesse succedendo e il perchè di tutto questo fango addosso. A mio carico ci sono solo intercettazioni e qualche telefonata. Non sono indagata e se basta una telefonata… Tutti parlavano come me con l’ex tesoriere Francesco Belsito. Non ho niente da nascondere e ho la coscienza pulita perchè non ho fatto nulla”.

Rosy Mauro aggiunge che “se avesse fatto un passo indietro avrebbe innescato un meccanismo di colpevolezza. E si sarebbe dimostrato che bastava una telefonata per decapitare le istituzioni. E su questo bisogna riflettere”.

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