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Ce lo meritiamo il veleno nel piatto

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Il titolare di un’enoteca di Monza: “Il vino naturale? Ahahah, non esiste, mica si sarà fatto prendere in giro anche lei?”. Pochi centinaia di metri più in là, enoteca Meregalli, un commesso: “Vino naturale? Prego?”. Un parente durante il cenone della Vigilia: “Cibo biologico? Macché, son tutte balle”. Lo scetticismo avanza. Il cinismo dilaga. In un abbraccio mortale si stringono ignoranza, superstizione, malafede, interessi del marketing, strapotere dei grandi marchi e delle multinazionali. Di notte tutti i gatti sono bigi e tutti i pomodori sono uguali. La giusta e necessaria cautela nei confronti di chi gonfia i prezzi utilizzando etichette trendy (vedi alla voce “chilometro zero”) si trasforma in relativismo totale. L’agnosticismo diventa cinismo. L’integralismo ridicolo di chi erige totem a un concetto nostalgico di “natura” non aiuta, anzi peggiora le cose. Decenni di devastazione culturale ci hanno resi impermeabili alle differenze, alla necessità di informarsi e di scegliere.

Eppure i vini naturali esistono, il cibo biologico anche. Elisabetta Foradori, Camillo Donati, Emidio Pepe e centinaia di piccoli produttori combattono una guerra quotidiana per produrre un vino che sia il più possibile lontano dalla chimica, che rispetti la natura e la salute. Migliaia di produttori hanno ridotto drasticamente l’uso di pesticidi e diserbanti per non avvelenarci. Jonathan Nossiter, autore di Mondovino, viene insultato per aver contestato pubblicamente, facendo nomi e cognomi, la tossicità di molti vini.

Poi arriva la magistratura e sequestra 700 mila tonnellate di prodotti alimentari spacciati per biologici. Ed ecco il sorrisino ironico dei neoqualunquisti: “Visto? Che t’avevo detto”.

Se siamo tutti ladri, tutti corrotti, nessuno lo è e nulla importerà più. Un Tavernello da due euro sarà uguale a un Gravner biodinamico. I ristoranti che non rilasciano la ricevuta saranno moralmente dispensati, uguali a quelli che le tasse le pagano e sopravvivono a stento. Talvolta viene da pensare che ce li meritiamo gli speculatori, i truffatori, le multinazionali voraci, i piccoli produttori spregiudicati. Ce li meritiamo il vino cattivo, i pomodori finti e il veleno nel piatto.

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