L'Istituto di cura IdI di Roma

C’è uno spettro che si aggira nell’intricato mondo della sanità privata laziale. Si chiama San Raffaele di Milano, ovvero la struttura sanitaria lombarda divenuta simbolo del crack, dei libri contabili che finiscono in Tribunale, del sistema sanitario che crolla dietro la spinta di una finanza non sempre etica.

Uno spettro che aleggia sull’IdI, l’Istituto dermopatico dell’Immacolata. Uno dei 5 Istituti di ricerca e cura a carattere scientifico (Irccs) della Regione Lazio. La struttura ospedaliera specializzata in dermatologia più grande d’Europa.

Fornitori non pagati, stipendi pericolosamente in ritardo, bilanci difficilmente consultabili, preoccupazione palpabile e crescente dei lavoratori e dei sindacati, che in queste ore stanno cercando di capire cosa stia accadendo. Un’atmosfera cupa che da diversi mesi avvolge le strutture sanitarie ad alta specializzazione della Congregazione dei figli dell’immacolata concezione, a capo dell’Idi e dell’ospedale San Carlo di Nancy. Due istituti conosciutissimi a Roma, in grado di fornire prestazioni di altissimo livello, convenzionati con il Sistema sanitario nazionale.

Ufficialmente la Congregazione – nata nel 1858 – della crisi non parla. Anzi, negli incontri chiamati con una certa enfasi “Cernobbio in riva la Tevere”, organizzati dalla Elea – società acquisita nell’estate del 2006 – il management di Idi e San Carlo di Nancy ostenta una certa sicurezza: “Il Santo padre ci ha spiegato cha la finanza intelligente è un atto di amore – ha spiegato venerdì scorso Domenico Temperini, direttore finanziario del gruppo sanitario – e io ritengo che ci sono alcune attività, ad esempio le nostre, quelle guidate dai figli dell’Immacolata concezione, quelle della formazione e della salute ben difficilmente si possono coniugare con un’attività di profitto, con un’attività di mera economia”.

Parole pronunciate all’apertura di un incontro tra il segretario del Pd Pier Luigi Bersani e monsignor Rino Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, nell’ambito di una serie di seminari organizzati dalla Congregazione dei figli dell’immacolata concezione – attraverso l’Elea – con i vertici della politica italiana. Oltre a Bersani, sui tavoli preparati dalla sanità cattolica sono passati: Massimo D’Alema, Giulio Tremonti e Maurizio Sacconi.

Temperini – contattato da ilfattoquotidiano.it – punta, però, l’indice verso la Regione Lazio, che, secondo il suo racconto, avrebbe chiuso i rubinetti delle convenzioni: “Oggi la giunta effettua dei calcoli applicando dei tetti di spesa – spiega il direttore finanziario del gruppo – che non possono essere utilizzati perché siamo equiparati alle strutture pubbliche per legge. In questo senso abbiamo avviato una serie di contrattazioni e di cause con la Regione Lazio, vincendo diversi ricorsi davanti al Tar e al Consiglio di Stato”. La cifra non riconosciuta che, secondo l’Idi, sta provocando le difficoltà finanziarie, è di 112 milioni di euro: “Cinquanta derivano dagli oneri contrattuali che noi abbiamo applicato e che la Regione non ci riconosce – spiega Temperini – e settantadue da una contestazione sulla congruità dei ricoveri”. A questo va aggiunto poi il fisiologico ritardo nei pagamenti da parte della Regione: “Certo, la situazione è difficile – ammette il manager del gruppo – siamo esposti con il sistema bancario come conseguenza di questa situazione”.

Molto preoccupata è invece Concetta Di Francesco, segretaria della Filcams Cgil di Roma, che sta seguendo la sorte di quarantanove lavoratori della Team Service, la società che gestisce le pulizie all’Idi: “E’ una situazione difficilissima – spiega a ilfattoquotidiano.it – la Team Service ha scritto chiaramente che da diverso tempo non riceve più i pagamenti dal committente, l’Istituto Dermopatico dell’Immacolata”. Un arretrato che, secondo alcune fonti, avrebbe raggiunto i sei milioni di euro, sfiorando i tre anni di arretrati, per un servizio strategico – quello della pulizia e igienizzazione – in ambito ospedaliero.

Preoccupata è anche la Funzione pubblica della Cgil, che segue le sorti dei 1500 dipendenti dell’Idi. Il vero problema, spiegano i sindacalisti, è che è difficile stabilire con certezza la situazione reale: “Nelle riunioni il management non ci ha mai dato un foglio di carta con dei numeri – racconta una fonte che chiede l’anonimato – e le stime che ufficiosamente fanno è di un debito di circa 200 milioni, a fronte di una credito con la Regione Lazio compreso tra i 150 e i 180 milioni di euro. Ma le voci di corridoio ipotizzano un buco più grande”. Per Domenico Temperini in realtà il debito “è inferiore ai 200 milioni e non possiamo essere definiti fallibili, poiché il debito è coperto dalla patrimonialità attiva”.

Per ricostruire i pochi dati certi della situazione occorre partire dalle buste paga dei dipendenti. L’intestazione riporta il nome della Congregazione e non quello  dell’ospedale. Un dettaglio importante, che è indicativo della vera particolarità dell’Idi: i bilanci non fanno riferimento ad una società di diritto italiano, ma ad un ente ecclesiastico concordatario – la Congregazione – che non è un soggetto commerciale. In sostanza, i bilanci sono redatti con criteri differenti rispetto alle società per azioni e, soprattutto, non arrivano nelle Camere di Commercio.

di Andrea Palladino e David Perluigi

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