Abbiamo sbagliato. Anzi come direttore responsabile del sito ho sbagliato, ed è giusto dirlo chiaramente. La nuova versione de ilfattoquotidiano.it non funziona come dovrebbe. Chi ieri è riuscito a leggerci (durante le poche ore in cui siamo stati in piedi) o ha visto quanto ho scritto su facebook e twitter ha vissuto in diretta quello che è accaduto. A questo punto inutile profondersi in altre scuse agli utenti o agli abbonati. Questo giornale web è nato per dare un servizio ai suoi 400.000 frequentatori giornalieri: scrivere le notizie. Tutte le notizie che siamo in grado di trovare e valutare. Dobbiamo quindi tornare a farlo subito.

Poco dopo le due di notte, abbiamo per questo terminato la procedura di roll-back. Il sito torna (momentaneamente) all’antico. La redazione e i tecnici dopo tre giorni di lavoro ininterrotto hanno bisogno di riprendere fiato. La nuova release, non solo grafica, ma piena zeppa di nuove funzionalità che quasi nessuno ha potuto provare, vedrà la luce tra qualche settimana.

Da oggi dobbiamo invece solo concentrarci su due cose. Raccontare quello che sta accadendo nel Paese, nei suoi Palazzi e nelle sue piazze. Analizzare i fatti, proporre le nostre opinioni e quelle dei nostri blogger. E in più dobbiamo ricordare che dalla prossima settimana inizia la campagna di rinnovo degli abbonamenti a Il Fatto Quotidiano: l’unico finanziamento (assieme alle vendite in edicola) non pubblico, ma del pubblico, su cui si regge questo giornale.

Durante il periodo dei rinnovi il sito non può permettersi problemi.

In queste 48 ore ci ha comunque fatto piacere sentire i nostri lettori davvero vicini. Certo, ci sentiamo in colpa per averne fatto arrabbiare qualcuno (specialmente gli abbonati), ma siamo stati anche felici perché in molti hanno voluto darci una mano. Pure Gildissima che, come molti di voi sapranno, ci ha segnalato una falla – subito riparata – attraverso la quale qualche malintenzionato avrebbe potuto rubarci dati sensibili (ma non password e numeri di carte di credito).

Che dire? Questa è la cronaca di una sconfitta. In 25 anni di professione non è la prima e, purtroppo, non sarà l’ultima. Ce l’abbiamo messa tutta, ma non è bastato.

Faremo tesoro degli errori e ricominceremo da qui.

Abbiamo bisogno di un nuovo sito per poter crescere ancora e farci leggere da più persone possibile. Per il momento, se tra i navigatori c’è qualcuno che davvero ci vuole aiutare, chiediamo semplicemente ancora un po’ di pazienza e un aiuto a pubblicizzarci. Ilfattoquotidiano.it, anche se un po’ vecchiotto e con un WordPress malandato, è fatto di idee, di storie, blog e notizie. È fatto da quello che, spesso, gli altri non dicono.

Se potete e volete, fatelo sapere in giro. Perché noi, sopratutto adesso, non ci fermeremo qui.

Ps: pubblico volentieri qui di seguito il commento che ha appena lasciato Gildissima in questo post

Caro Peter,
le tue scuse sono toccanti: come hanno detto in tanti prima di me sono una formidabile prova di umiltà e di responsabilità che apprezzo. Ed apprezzo anche molto il ringraziamento diretto a me. Volevo ribadire, per tranquillizzare gli utenti preoccupati, che i file di cui ero entrata in possesso non contenevano né password né numeri di carte di credito. E che li ho cestinati e cancellati non appena ho avuto un riscontro dal Fatto (cioè ieri mattina). E anche scusarmi con i lettori per il metodo poco ortodosso che ho usato per avvertire la redazione del problema. È vero che mi è stato contestata la diffusione pubblica dei miei messaggi sul sito (!) che avrebbe messo a rischio la sicurezza dei dati (!!!), probabilmente chi l’ha fatto aveva le sue buone ragioni: io ci tenevo solo a tenere circoscritto l’accaduto e a limitare per quanto possibile i tempi di esposizione e quindi i potenziali danni, nell’intento di proteggere il mio giornale preferito. Tutto qua: se ho sbagliato mi dispiace e mi scuso, ma d’altra parte non sono una hacker, e non mi era mai capitata una situazione del genere.
Alla redazione e a tutti noi auguro un buon proseguimento, e grazie ancora a Peter che, mai come adesso, sento come “uno di noi”.
arianna
13/10/2011 alle 16:37

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