Per quanto abbia dedicato gli ultimi interventi a temi d’altra rilevanza, stimo opportune alcune considerazioni sul caso “Rosso di Montalcino”. Un caso che non riguarda soltanto un vino che si trova facilmente nei supermercati fra gli 8 e 10 euro (a quel prezzo meglio comprarne, di buono, nelle aziende). Ma il caso di un territorio che con le sue eccellenze gastronomiche veicola nel mondo una buona immagine dell’Italia, bilanciando quella veicolata dalle “eccellenze politiche”. A cominciare dal Ministero delle Politiche Alimentari e Forestali, guidato da un politico accusato di aver favorito la mafia dalla Procura di Palermo. Come scrive Marcello Bella sull’Espresso: “Il ministro Romano guida… un pool costosissimo di ex Dc finiti nei guiai. Che distribuisce fondi. Per raccogliere voti”.

Ieri pomeriggio c’è stata un’importante assemblea dei produttori vinicoli aderenti al Consorzio del Brunello, i quali, nel mezzo d’una travagliata e anticipata vendemmia (non sarà un’annata favorevolissima nonostante i comunicati stampa), sono stati costretti dal Consiglio di Amministrazione a una votazione sul cambiamento del disciplinare di produzione del Rosso di Montalcino: il 69% si è espresso contro. Anche se una votazione consimile, nel mezzo della vendemmia, equivale a votare una manovra finanziaria in pieno agosto. Anzi, equivale più propriamente a votare una legge ad personam, come spiegherò in seguito. Comunque l’esito del voto è stato incerto fino all’ultimo istante, ed è a conclusione di una contesa durata mesi, anzi anni: dacché la Procura di Siena ha scoperto reati di frode da parte delle aziende vinicole più grandi, che violavano il disciplinare di produzione vendendo assemblaggi non consentiti o vini di infima qualità come Brunello e Rosso di Montalcino. Dunque, anziché cambiare operato, rispettando le regole di produzione, le aziende più grandi (rappresentate dal 95% del Cda del Consorzio) hanno tentato di cambiare le regole, prima del Brunello e poi del Rosso: un atteggiamento ormai “tipico”, almeno quello, in Italia. Ne avevamo già parlato mesi fa, considerando gli aspetti più rilevanti.

Dato l’esito della votazione, fortemente voluta dai membri del Cda (anzi, imposta al fine di cambiare il disciplinare), pare opportuno rivedere il ruolo e le nomine di un Consorzio che non rappresenta la maggioranza dei piccoli produttori, ma solo poche e potenti aziende (in profonda crisi di vendite), i cui interessi sembrano non coincidere con quelli dal vino italiano più famoso nel mondo. Del resto, almeno una di tali aziende ha contribuito a questa fama, compiendo però frodi commerciali per oltre 25 anni (e noi siamo stati gli unici a riportare la notizia) come è stato provato dalla Procura di Siena. È opportuno che a tale azienda risponda quasi tutto il Cda del Consorzio? Come è possibile che il presidente sia da un anno Ezio Rivella, 78 anni suonati, cioè uno che per vent’anni ha diretto l’azienda Banfi, coinvolta nelle frodi commerciali rilevate dalla Procura di Siena? È indubbio che Rivella sia Cavaliere del Lavoro e abbia ottenuto dei successi commerciali, ma perlopiù con vini da supermercato esportati in America, che non dovrebbero avere alcun legame col Brunello di Montalcino: negli anni ’60 e ’70 ha ideato il Gotto d’Oro, il Corvo di Salaparuta, il Lambrusco dolce soprannominato Red Cola, il Nano Ghiacciato della Sanpellegrino. E anzi Rivella venne a Montalcino per fare un Moscadello dolce, sempre da esportazione e a basso costo, ma poi gli scappò il Brunello.

D’altra parte alcuni dirigenti del Consorzio sono coinvolti direttamente nelle frodi commerciali, e hanno patteggiato con la Procura di Siena senza dimettersi. Altri sono stati riciclati nel famoso ente terzo di certificazione e controllo, tanto sbandierato da Luca Zaia, ossia quel Valore Italia che si trova al piano superiore dell’edificio che ospita la sede del Consorzio: e che dovrebbe garantire imparzialità, avendo sottratto al Consorzio tutti i compiti di certificazione e controllo, aumentando i costi a carico dei produttori.

Peraltro ci si domanda se i dirigenti del Consorzio debbano restare in carica come senatori a vita. Occorrerebbe limitarne il mandato a un determinato numero di anni. Perché non è insolito che abbiano rapporti di clientela con le aziende più grandi per farsi rieleggere…

Infine un’occhiata ai media, in specie ai social media quali alcuni blog del vino, che sono gli unici ad aver seguito la vicenda del Rosso giorno dopo giorno. Dispiace vedere che hanno perso l’occasione di fare un poco di informazione o quantomeno di provare ad approfondire un argomento: essendosi prestati a riportare supinamente le frasi di chi pur avendo patteggiato con la Procura per frodi commerciali riguardanti il Rosso e il Brunello, si è impancato a difensore del disciplinare degli stessi vini, ossia di ciò che aveva violato. L’ipocrisia e il pressappochismo assieme. E oggi i blog del vino si beano di aver difeso il patrimonio vinicolo di Montalcino…

Non da meno sono stati alcuni noti critici, italiani e inglesi e americani, che hanno pensato di rinverginarsi schierandosi contro i cambiamenti del disciplinare, anziché scusarsi di aver promosso e celebrato per anni gli stessi vini che sono stati frutto di frode commerciale.

È la critica, bellezza!

Articolo Precedente

Linguine per due non tramontano mai

next
Articolo Successivo

Viva Mantova e le sue ricette

next