Volatili di tutte le specie uccisi per sport, consumo umano o semplicemente perché “danno fastidio”. L’associazione Birdlife ha condotto un’indagine dettagliata in 38 Paesi europei, dalla Spagna all’Ucraina, secondo la quale l’uccisione di volatili di tutte le dimensioni e specie negli ultimi anni invece che diminuire è aumentata. Un fenomeno che non si limita ai soli Paesi mediterranei, ma che vede nell’Italia una delle situazioni peggiori. Commercio illegale, caccia di specie protette, avvelenamento, trappole illegali, utilizzo di armi da fuoco senza regolare permesso e uccisioni in aree protette e fuori stagione. Insomma un pedigree di tutto rispetto.

Non viene risparmiata nessuna specie: butei, falchi, ardee, cicogne, gru, strigiformi e piciformi per sport o vandalismo; passeri per consumo umano e trappole illegali; cicogne, anseriformi, falchi, colombi per avvelenamento. Se poi aggiungiamo l’abuso illegale di armi e il commercio clandestino il quadro è completo. ”Gli uccelli vengono colpiti da pallottole ma anche intrappolati, catturati da reti, incollati o addirittura inzuppati di veleno letale, per fare da esca e uccidere altri uccelli”, spiega Boris Barov di Birdlife Europe. “La creatività di quanti violano la legge per uccidere un uccello è spaventosa”.

Un fenomeno che difficilmente si giustifica solamente con la tradizionale caccia. Secondo BirdLife, spesso gli animali vengono uccisi per altri motivi economici, ad esempio perché vengono percepiti come un danno alle colture dai proprietari di terreni, oppure perché rappresentano una fonte di guadagno per traffici illegali. ”L’uso del veleno è in crescita in diversi Paesi, con il preciso obiettivo di uccidere predatori e proteggere interessi economici”, spiega Barov. “Tutto questo non è solo pericoloso per gli esseri umani, ma mette a rischio tutti gli sforzi di conservazione”. Insomma, che diventino trofei o che siano una mera fonte di divertimento, il risultato non cambia: secondo Birdlife sono oltre 80 le specie di uccelli protetti che rischiano di scomparire.

Il paradosso è che tutto questo avviene in barba alla normativa europea. L’Ue, infatti, ben 30 anni fa ha stabilito una direttiva tutta consacrata alla tutela dei volatili selvatici, aggiornata nel 2009 con la Bird Directive che insieme alla direttiva Habitat forma la pietra angolare del network europeo Natura 2000 sulla tutela delle specie protette e la conservazione degli habitat naturali. Fenomeni come il bracconaggio e il commercio illegale di specie protette sono duramente condannati e pesantemente sanzionati da questa normativa, ma, come sempre, a controllare devono essere le autorità nazionali e locali.

Secondo la Lega Italiana Protezione Uccelli (LIPU), “a più di 30 anni dall’adozione della normativa europea volta ad eliminare qualsiasi persecuzione nei confronti degli uccelli selvatici, la situazione appare molto lontana dall’essere risolta”. L’uccisione deliberata di uccelli protetti, in aree protette o al di fuori della stagione di caccia appare sempre più inaccettabile tanto per gli ambientalisti quanto per i cacciatori ligi alle leggi. “Occorre, da parte delle autorità di tutta Europa, una vera e propria strategia a tolleranza zero nei confronti dei colpevoli”. Ad una recente conferenza su “Illegal Killing of Birds” a Cipro, Claudio Celada, Direttore del Dipartimento Conservazione della Natura Lipu-BirdLife Italia, ha dichiarato che “quanto all’Italia, la situazione è ancora molto grave. L’Italia deve elaborare un piano dettagliato anti bracconaggio, dandosi una data, un impegno temporale entro cui il fenomeno, se non debellato, sia ridotto al minimo”.

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