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Romano, il gip di Palermo non archivia
“Imputazione coatta per concorso esterno”

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Il ministro dell'Agricoltura Saverio Romano

Il gip Giuliano Castiglia non ha accolto la richiesta di archiviazione, presentata dalla procura, dell’indagine per concorso in associazione mafiosa a carico del ministro delle Politiche agricole Saverio Romano, e ha avanzato richiesta di imputazione coatta. A questo punto i pm entro dieci giorni dovranno formulare la richiesta di rinvio a giudizio.

”Questo procedimento mi ha visto indagato quasi ininterrottamente per otto anni anche se l’indagine era tecnicamente spirata nel novembre del 2007. Questi semplici ma inconfutabili dati dimostrano il corto circuito tra le istituzioni e dentro le istituzioni”, ha detto Romano, commentando la decisione del gip di Palermo di rigettare la richiesta di archiviazione avanzata dalla procura di Palermo. “Il fallimento del sistema giudiziario – prosegue – vive nella interminabile condizione che si riserva al cittadino Saverio Romano in un periodo di tempo che nella sua enorme dimensione rappresenta già una sanzione insopportabile anche se l’epilogo sarà quello da me auspicato”.

La vicenda giudiziaria di Romano comincia nel giugno 2003 quando i magistrati della Dda mandano un avviso di garanzia all’allora presidente della Regione, Salvatore Cuffaro accusato di concorso in associazione mafiosa. Il provvedimento, emesso nell’ ambito dell’inchiesta sui rapporti tra i boss della cosca mafiosa di Brancaccio e i politici locali, porta all’arresto di quattro persone, l’ex assessore comunale di Palermo, Domenico Miceli (Udc), i medici Salvatore Aragona e Vincenzo Greco e l’imprenditore Francesco Buscemi, già segretario dell’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino, condannato per mafia e morto nel 2001. Ed è in questa inchiesta che salta fuori il nome di Saverio Romano, allora deputato dell’Udc, indagato per concorso in associazione mafiosa insieme all’avvocato penalista Salvatore Priola, ex capogruppo di Forza Italia nel Consiglio provinciale di Palermo a metà degli anni ’90.

Qualche mese dopo la Procura chiede il rinvio a giudizio per gli arrestati, mentre vengono stralciate sia la posizione di Cuffaro che quella di Romano. Secondo gli investigatori l’attuale ministro dell’Agricoltura avrebbe ricevuto, insieme a Cuffaro, una tangente da un imprenditore per ‘oliare’ la macchina burocratica regionale. I fatti si riferiscono al periodo in cui Cuffaro era deputato regionale e Romano un suo collaboratore. Per questo Romano deve rispondere di concorso in associazione mafiosa e corruzione.

Nel 2005 Saverio Romano viene tirato in ballo anche da Francesco Campanella, ex presidente del consiglio comunale di Villabate, diventato nel frattempo collaboratore di giustizia. Campanella racconta ai pm della Dda intrecci criminali che dal piccolo centro del palermitano si ripercuotono come un terremoto fino a Roma. Le dichiarazioni di Campanella, che tra l’altro fornì la falsa carta d’identità utilizzata da Bernardo Provenzano per curarsi a Marsiglia, chiamano in causa anche Saverio Romano. Campanella, che dice di essere massone, svela retroscena inediti di ”aggiustamenti” di voti nelle sezioni di Villabate e Piana degli Albanesi per far eleggere il candidato vicino alle cosche, e sostiene che la riconferma nel ’94 al consiglio provinciale dell’allora sottosegretario al Lavoro, Saverio Romano, sarebbe stata il frutto di una manipolazione dei verbali elettorali.

E si arriva al marzo di quest’anno. Il gip di Palermo Giuliano Castiglia non accoglie la richiesta avanzata dalla Procura di archiviare l’inchiesta per concorso in associazione mafiosa aperta a carico di Saverio Romano, diventato nel frattempo deputato del Pid (Popolari di Italia Domani) e ministro dell’Agricoltura. Il Pm, pur avendo sollevato molti dubbi sulla posizione di Romano, motivava la decisione di chiedere l’archiviazione ritenendo che non ci fossero riscontri sufficienti alle dichiarazioni del pentito Francesco Campanella (che aveva definito Romano persona ”a disposizione” di Cosa nostra e, in particolare, dei capimafia di Villabate, Nicola e Antonino Mandalà). Oggi la svolta. Il gip Castiglia, non accogliendo la richiesta di archiviazione dell’indagine per concorso in associazione mafiosa a carico del ministro delle Politiche agricole, ha avanzato richiesta di imputazione coatta. Tre dieci giorni i pm dovranno formulare la richiesta di rinvio a giudizio.

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