Dire crac a Parma è evocare, per tutti, il fantasma del 2003, quando esplose (letteralmente) la bomba-Parmalat. A distanza di 8 anni e con il processo all’ex patron Calisto Tanzi – già Cavaliere al merito – alle battute finali, a rischiare adesso è l’amministrazione comunale. Ultimo campanello d’allarme di una lunga serie, le dimissioni del collegio dei revisori dei conti, storia di poche settimane fa, con la conseguentenomina in fretta e furia del nuovo organo sul quale peraltro grava la spada di Damocle della decisione del Tar, attesa a breve (23 marzo, salvo ulteriori rinvii).

La situazione attuale non è solo preoccupante: le 32 società a capitale municipale, comunemente definite per uno strano scherzo del destino “controllate”, hanno portato in dote qualcosa come 335 milioni di euro di debiti a fine 2009 con un’esposizione arrivata atoccare quota 262 milioni quando nel 2007 era ferma a 139. Operazioni sciagurate come la metropolitana (si attende sempre l’intervento del Governo che provvederà parzialmente a rimborsare il Comune il quale però dovrà superare ancora lo scoglio della Regione che si è messa di traverso oltre ad affrontare il contenzioso con la Pizzarotti spa che avrebbe dovuto realizzare l’opera), altri incidenti di percorso – emblematico il caso di Tep e dei milioni “spariti” dalle disponibilità della società che gestisce il trasporto pubblico cittadino – e in genere una gestione a dir poco disinvolta delle finanze (l’operazione che ha portato a inglobare in Intesa la Banca del Monte di Parma, provata dall affaire Parmalat e dall’ultimo crac, quello di Burani, e che finanzia tra gli altri Alfa, altra partecipata con relativi mutui milionari in scadenza a marzo) per arrivare al recentissimo quanto conferimento alla holding Stt di oltre 52 milioni di azioni Iren di proprietà del Comune e a Parma infrastrutture di altri 20 milioni di azioni (lo chiamano rafforzamento patrimoniale indispensabile, ma probabilmente solo per continuare l’opera indebitamento dell’Amministrazione): tappe di una via crucis che hanno portato all’attuale stallo con previsioni di fine anno che parlano di (almeno) 500milioni di euro di buco.

Nel 2008 Catania fu salvata da un intervento miracoloso – un assegno di 140 milioni firmato dal governo centrale – che evitò all’ultimo il peggio: Parma, oggi, si avvia pericolosamente lungo la stessa strada e operazioni di puro marketing come ad esempio la missione negli Emirati, strampalato tentativo di agganciare uno sceicco cui affibbiare il “baraccone” Spip coi suoi 90 milioni di debito e il conferimento del titolo di “Città Europea dello Sport 2011”, definito pomposamente il progetto dell’anno, paiono avere più che altro lo scopo di creare una cortina fumogena e distogliere l’attenzione generale di stampa e cittadini dal dissesto sempre più evidente.

Alla luce di tutto ciò, gli incroci pericolosi di starlette della corte di Lele Mora quali Nadia Macrì e Sara Tommasi sulla via del sindaco Pietro Vignali o il giallo delledimissioni del direttore dell’area marketing ed ex numero uno dello staff del primo cittadino, concordate con il giornale locale, ma stranamente non ancora effettive a due mesi dall’annuncio (né alcun sostituto è mai stato indicato o palesato) appaiono ben poca cosa: molto più pesanti anche se non dal punto di vista mediatico e quindi dell’immagine, le sparate a zero del “commissario” Varazzani, l’uomo inviato dal ministro Tremonti a mettere una pezza a Stt o il fatto che con il giro di azioni Iren favore delle municipalizzate più a rischio, le frecce a disposizione del sindaco siano praticamente finite. Raschiato i lbarile, a Vignali (& CO.) non resta che rispolverare l’antica amicizia con Gianni Letta: e se non arriverà un assegno modello Catania – ma il rimborso per la metropolitana ci assomiglia, eccome – pazienza, si potrà sempre liberare un posto un Parlamento.

p.d.

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