“La maggior parte della carne che viene venduta come Chianina, non lo è. Di Chianina c’è a malapena la quantità per soddisfare i locali della Toscana in un mese turistico. Quindi cosa viene venduto negli altri undici mesi?”. Questo si domanda Fabrizio Nonis, fra i più noti comunicatori di gastronomia: volto del TG5 e del canale Alice di Sky, già macellaio e figlio di macellaio, ha insegnato all’Università dei Sapori di Perugia. “E tutte queste bistecche alla Fiorentina con quali carni vengono fatte? – continua Nonis – Bisogna cominciare a fare chiarezza!” La cosiddetta Fiorentina è un taglio di carne particolare, ossia lombo di vitellone di razza Chianina, che ha nel mezzo l’osso a forma di “T” (T-Bone per dirla all’inglese) con il filetto da una parte e il controfiletto dall’altra.

La Chianina è la razza bovina più nota e pregiata d’Italia, oltre a essere la più grande e fra le più antiche al mondo. Essa è autoctona dell’Italia centrale, prende nome dalla Val di Chiana, ed è oggi presente in Toscana e Umbria e Alto Lazio: secondo il disciplinare di produzione del Vitellone Bianco dell’Italia Centrale, ossia l’unico marchio IGP (Indicazione Geografica Protetta) di carne fresca che c’è in Italia. Tale disciplinare, oltre all’area di produzione, regolamenta la nascita e l’allevamento, la macellazione e i parametri qualitativi, il controllo e perfino la modalità di vendita. Secondo i dati fornitici dal Consorzio del Vitellone bianco, i capi di Chianina certificati nel 2009 sono stati 6799 e i capi macellati sono stati circa 5000, 4151 nella provincia di Arezzo.

“Non ci può essere Chianina per tutti”, afferma Stefania Veltroni, dell’Associazione Regionale Allevatori della Toscana. “Coi numeri della Chianina ci si fa poco”, ribadisce Simone Fracassi, della storica macelleria Fracassi nel Casentino, in provincia di Arezzo “se consideriamo la Fiorentina, si taglia da vertebra a vertebra sicché non meno di un chilo per le femmine, e per i maschi anche un chilo e due fino a un chilo e mezzo… Le femmine di Chianina pesano dai 300 ai 350 chili e i maschi dai 450 a 550… Avremo dunque 40-50 pezzi di Fiorentina a bestia, fra costata e lombata. Su 5000 capi macellati, fanno 250.000 Fiorentine in un anno. Ossia un numero infinitamente piccolo, quasi risibile, che si esaurisce in poche settimane di consumo. Ma ci rendiamo conto? E tutto quello che viene venduto che cosa è invece? E da dove viene? I consumatori devono richiedere la certificazione ai venditori, che è obbligatoria. Io ultimamente ho rimandato indietro della carne, in un ristorante notoriamente stellato e caro, perché non aveva la certificazione. Se si vendessero tante Ferrari quante false Chianine, saremmo tutti in Ferrari!»

D’altra parte, volendo comprare una Fiorentina da Chianina certificata IGP, si scopre che i macellai non vendono soltanto la parte specifica del lombo, ma la combinano con altre parti complementari: quale spezzatino, ragù, bollito, brasato stufato etc.

“Diffidate di chi vende soltanto la parte della Fiorentina”, ci dicono diversi macellai di qualità. “Il problema della Chianina è in genere il problema della carne in Italia”, commenta Fabiano Barbisan, presidente di Unicarve, cioè il più grande gruppo italiano di allevamento carni bovine “fino a 10 anni fa non esisteva nemmeno un’etichetta per la carne bovina. L’animale, per quanto potesse venire dalla Polonia, prendeva il nome del commerciante finale. Il passaporto è arrivato con la mucca pazza. Solo dal 2000 si ha l’obbligo dell’etichetta obbligatoria che riporta paese di nascita, di allevamento e di macellazione. Ma non è sempre esposta in macelleria. Da tempo Unicarve si batte per una etichetta migliore. È assurdo infatti che possiamo scegliere la marca delle scarpe da indossare, mentre non possiamo chiaramente sapere chi ha prodotto la fettina che abbiamo sul piatto. Vogliamo, inoltre, che sia riservato uno spazio, nei banchi di vendita, alle carni allevate per lungo tempo in Italia… Si pensi che nel nostro paese è allevato circa il 30-35% della carne bovina prodotta, ma solo il 10% nasce in loco. Il 90% arriva da paesi esteri, primo fra tutti la Francia che per decenni si è adoperata per il miglioramento genetico delle razze. Da noi invece non c’è un vero settore della carne, in quanto è mancata un’adeguata politica del Ministero a salvaguardia del patrimonio bovino”.

Eppure, anche sotto l’aspetto nutrizionale, la Chianina ha pochi rivali, come è stato messo in luce anni fa da uno studio dell’Università di Firenze. Si è esaminato il contenuto di proteine, grassi, amidi-zuccheri, colesterolo: comparando il vitellone bianco al vitello, al pollo, al prosciutto e perfino alla mozzarella. Fra questi la Chianina ha il più alto valore proteico e il più basso valore di colesterolo: è povera di grassi e calorie.

“La carne Chianina”, scrive Lia Rossi Prosperi, docente universitaria di Alimentazione, membro della Commissione Dietetica del Ministero della Salute “è dunque una carne magra, con un modesto apporto calorico (100 gr forniscono 101 kcal), ma è molto più ricca di ferro delle carni bianche. Contiene pochissimo colesterolo, nella stessa quantità che troviamo nelle carni bianche, e i pochi grassi presenti in questa carne sono, in alta percentuale, “grassi buoni”: ovvero capaci di aumentare la sintesi di colesterolo buono. Nella carne Chianina troviamo anche una discreta quantità di acido linoleico coniugato, un acido grasso polisaturato che, per la sua struttura chimica, svolge nel nostro organismo funzioni immunostimolanti ed antiossidanti. Tutto ciò fa della carne Chianina un alimento da privilegiare nella fase di crescita, nella gestazione e nella terza età”. Questi e altri interessanti aspetti nutrizionali sono confermati da un nuovo studio, in corso, a opera del Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura. Si stanno analizzando tutte le caratteristiche qualitative della Chianina, dalla nascita di un capo alla commercializzazione di una bistecca, per accertarne gli strumenti di tracciabilità. “In Italia non c’è solo Chianina”, dice Fabrizio Nonis “nel senso che non ce n’è molta quantità ma anche che non è l’unica carne bovina di qualità. Perciò si smetta di vendere una cosa per un’altra!”.

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