Il presidente del Copasir Massimo D’Alema vuole convocare Silvio Berlusconi. Il responsabile del Comitato parlamentare sull’attività dei servizi segreti, secondo le dichiarazioni della sua portavoce Daniela Reggiani, pubblicate oggi sul Secolo XIX, assicura che non sottovaluterà le denunce sull’ipotesi di servizi segreti deviati all’opera per spiare avversari politici. La portavoce di D’Alema aggiunge che “l’ultimo tentativo fallito di sentire il premier è del 29 luglio scorso. Non si è mai presentato. Neppure dopo il sollecito inviato attraverso il sottosegretario Gianni Letta”.

Le denunce da approfondire sono quelle del deputato finiano, Carmelo Briguglio, che negli ultimi giorni ha più volte evidenziato le attività di spionaggio: “Ci sono stati parlamentari di area finiana che sono stati spiati e filmati da pezzi deviati dei Servizi”, ha detto Briguglio in un’intervista al Fatto Quotidiano. “Fanno così, organizzano pedinamenti non graditi, confezionano dossier”. Ora l’interesse del Copasir sulla vicenda: “E’ opportuno che Briguglio porti all’attenzione del Comitato elementi concreti a sostegno delle proprie accuse: circostanze, nomi, luoghi. A quel punto, come accaduto per la vicenda di Italo Bocchino, il Copasir avvierà immediatamente una istruttoria”. La Reggiani ricorda infatti che l’organo parlamentare di controllo dei servizi segreti si era mosso tempestivamente anche in relazione alle accuse di Bocchino: “L’onorevole era stato ascoltato poche ore dopo aver dichiarato di aver subito minacce e pedinamenti da parte di schegge di apparati che obbediscono a fini non leciti”.

La denuncia del deputato Briguglio è considerata “autorevole” da diversi commissari Copasir tra cui Ettore Rosato e Achille Passoni, del Pd e Giuseppe Caforio dell’Idv. Nei giorni scorsi il parlamentare finiano aveva ipotizzato la possibilità di un dossieraggio persino contro il presidente della Repubblica, “che in questi giorni ha dovuto reagire a tentativi di intimidazioni”. Ieri Briguglio aveva comunque ribadito al sua “ferma fiducia nei vertici dei nostri servizi segreti e nella loro totale lealtà istituzionale”, tuttavia “fra i cinquemila agenti ci sono alcuni riuniti in gruppi o fazioni che non lavorano per l’interesse istituzionale”.

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