In Sardegna, ha raccontato Emilio Pellicani, il segretario del faccendiere Flavio Carboni, l’affare a prezzi di saldo glielo aveva fatto fare un cronista parlamentare, poi condannato per traffico di droga, Antongiulio Lo Prete. Eravamo negli anni Ottanta. E, come vedremo, dopo un’oscura a compraventida Villa La Certosa era passata dalle mani di Carboni, oggi in carcere per la nuova P2, a quelle di Silvio Berlusconi, oggi a Palazzo Chigi come presidente del Consiglio.

Una storia straordinaria? Mica tanto perchè dietro a molti acquisti di immobili e terreni siglati anche in anni recenti dal Cavaliere spuntano pregiudicati, società off shore, avvocati senza scrupoli, o aste dai contorni mai chiariti. Sì perchè il leader del partito che oggi, in nome della trasparenza, domanda le dimissioni di Gianfranco Fini da presidente della Camera per l’affaire monegasco dell’appartamento di AN, venduto per soli 300mila euro una società caraibica e poi affittato a suo cognato, in fatto di opacità nelle transazioni immobiliari non è secondo a nessuno. E per rendersene conto basta un necessariamente breve promemoria.

La Villa di Arcore
Silvio Berlusconi entra a Villa San Martino ad Arcore nel 1974. La villa è composta da 145 stanze, un grande parco, ed è arredata con quadri e mobili di inestimabile valore. È di proprietà della marchesa Annamaria Casati Stampa, una giovane ereditiera rimasta orfana dopo l’omicidio-suicidio del padre, della madre e di un amante. Cesare Previti, 36 anni, nella contesa ereditaria assiste la famiglia della madre, ma in breve tempo riesce anche a collaborare con la controparte: il senatore Giorgio Bergamasco, legale dei Casati Stampa, e tutore della ragazza. Insomma diventa vice-tutore. La ragazza si sposa e si trasferisce in Brasile. Il problema è che sul patrimoni ereditato deve pagare molte tasse. Così nel ‘73, quando ha ormai 21 anni, conferisce un mandato per vendere villa San Martino “con espressa esclusione degli arredi, della pinacoteca, della biblioteca e delle circostanti proprietà terriere”, A quel punto entra in scena Berlusconi. Previti chiama la giovane donna in Brasile e le annuncia, senza averla mai consultata prima, di aver venduto tutto per 500 milioni lire al futuro Cavaliere. Il prezzo, come stabilirà anche la magistratura in una causa per diffamazione, è irrisorio. E oltretutto Berlusconi non salda subito il dovuto. Paga a rate, man mano che il fisco bussa alla porta giovane marchesa. Inoltre l’allora costruttore di Milano 2 s’impadronisce di ogni quadro, mobile e suppellettile contenuto nella villa. Il tutto senza nemmeno esserne il proprietario, visto che il rogito verrà effettuato solo nel 1980. Giusto in tempo per dare la nuova proprietà in garanzia a due banche e farsi erogare in cambio un finanziamento di circa 8 miliardi di lire. Roba da lasciare allibiti tanto che la marchesa Casati Stampa revoca il mandato a Previti (anche perchè nel frattempo molti altre proprietà della sua immensa eredità erano passate nelle mani di Berlusconi).

Villa La Certosa
L’11 luglio dalla cella del carcere in cui è richiuso per l’inchiesta sulla nuova P2, Flavio Carboni, secondo il Corriere della Sera, lancia al premier un non troppo oscuro messaggio: “Sono io che ho coperto la testa di Silvio Berlusconi. Sono io che gli ho dato anche una delle case dove sta”. Il riferimento è in buona parte per villa La Certosa, il buen ritiro sardo che il Cavaliere acquistò proprio da Carboni. Il rogito ufficiale parla di un miliardo e mezzo di lire. Ma dietro alla compravendita c’è una storia tutta da raccontare. Emilio Pellicani, infatti, sostiene che la vicenda inizia quando Carboni fa prestare molti soldi da Antongliulio Lo Prete (un conoscente di Marcello Dell’Utri poi arrestato per traffico di stupefacenti) e dal piduista, amico di Berlusconi, Attilio Capra de Carré. In garanzia Carboni da loro le quote della società che controlla La Certosa. Un grave errore. Il faccendiere infatti non riesce a rientrare dal debito. La villa viene così offerta da Lo Prete a Berlusconi. Pellicani protesta e invia, dice, un telegramma ai vertici Fininvest avvertendo che il bene “proveniva da una vera e propria estorsione ai danni di Carboni”. Ne nasce così una causa civile “contro Berlusconi, Lo Prete e Capra” chiusa con una transazione “a soli 800 milioni perché Carboni aveva bisogno di soldi”.

Il parco
Anche 30 ettari del parco della Certosa sono stati acquistati, secondo i periti della procura di Milano, intorno al 2000 con un forte sconto: il 50 per cento del loro valore reale (risparmio di 12 miliardi di lire). Tutto comincia quando i terreni vengono messi in vendita da una società in liquidazione. Tra chi segue la procedura vi è però anche un’importante commercialista milanese che verrà poi condannata per una serie di ruberie sui fallimenti. Viene così bandita un asta che secondo i consulenti dei pm “presenta aspetti critici o persino oscuri”. Tutti i concorrenti, tranne uno, sono infatti uomini di Berlusconi e l’asta è congegnata per evitare un vero e proprio gioco al rialzo. Alla fine vince la Pan Europe Finance, una società off shore dietro la quale c’è un manager di Fininvest, attualmente imputato col Cavaliere per i falsi in bilancio e le appropriazioni indebite di Mediaset: Daniele Lorenzano. L’amico del Cavaliere fa un affarone: paga tutto a circa sette euro al metro quadro. Dopo tre anni però entra in scena l’Immobiliare Idra di Berlusconi che acquista a 22 euro al metro. Il risultato è che molti milioni di euro prendono la via dei caraibi e che comunque il premier risparmia una sacco di soldi visto che i terreni sono valutati circa 50 euro al metro.

La Villa alle Bermuda
Anche alle Bermuda dove Berlusconi possiede da anni una villa entrano in scena le off- shore. Tra le società gestite dall’avvocato inglese David Mills, il testimone corrotto per dire il falso nei processi contro il Cavaliere, ve ne è una proprietaria della casa e di uno yacth. Si chiama Bridgeston Ltd, ma cosa abbia fatto esattamente non si sa. Mills quando viene perquisito perchè tiene in mano le società del premier non dichiarate al fisco, prende tutte le carte e le consegna a un altro professionista straniero. Si chiama Maurizio Coen. È un avvocato e, proprio come il cognato di Fini, ha uno studio a Montecarlo. Perché in fondo, finché nessuno fa domande, anche per i Berlusconi non c’è posto migliore per operare con discrezione del vecchio e amatissimo principato di Monaco.

Da Il Fatto Quotidiano dell’11 agosto 2010

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