Se si ha la voglia di giocare d’azzardo, nulla da dire. Ognuno è lìbero di utilizzare il proprio denaro nel modo che più gli garba. C’è chi gioca alla Roulette, apprezzando tanto l’equità del gioco (ne parliamo più avanti) quanto la liturgia associata. Vestirsi bene, andare al Casinò, seguire la recita del Croupier, vedere bella gente, sentirsi più o meno VIP. C’è chi trova eccitante il Poker. Altri le corse dei cavalli. Lunga è la lista. Nulla da eccepire. Poi ci sono quelli che giocano al Lotto e sue varianti, Superenalotto compreso. Mi riesce difficile capire perché i cittadini che già offrono un’importante quota parte dei propri guadagni in tasse siano così propensi a pagare, un paio di volte alla settimana,  un altro libello, di entità variabile, allo Stato di appartenenza. In Italia il 53,6 % degli incassi viene incamerato dallo Stato. Il gioco del Lotto è dunque una tassa volontaria, che non fa male e che genera sogni, ben alimentati dalla possibile vincita, al 9 agosto 2010, di 119 milioni di euro (238 miliardi di vecchie lire, impressionante no?). Si gioca pensando che un paio di euro valgono bene il montepremi anche se la probabilità di vincere è pari a una su 622 milioni. Però il Superenalotto non è un gioco onesto.  Non lo è perché solo il 34,7 per cento dell’ammontare delle giocate alimenta il montepremi. Facendo due conti, se si possono vincere 110 milioni di euro, lo Stato ne ha già incassato 317. Non lo è perché non è “equo”, ovvero la vincita non è proporzionale alla probabilità di vittoria.

Per capirci, riprendiamo il gioco della Roulette. Ci sono 37 numeri, 18 rossi, 18 neri e uno, lo zero, che è verde. Se punto 1 euro sul rosso ho 18 probabilità su 37 di vincere. Se vinco mi pagano una volta la posta. Nel caso in esempio, un euro. Ho il 48,6% di probabilità di vincere e se vinco guadagno il 50%: punto un euro, vinco, me ne danno due. Guadagno metà della vincita. Stesso ragionamento applicato al Superenalotto. Il gioco sarebbe equo se – per ogni estrazione!-  la vincita per la sestina corretta giocata pagando 50 centesimi di euro fosse pari a 311 milioni di euro. A proposito. Per quelli che se lo sono chiesto: il valore massimo teorico possibile del montepremi è proprio di 311 milioni di euro. Questa è infatti la cifra che occorre giocare per avere la certezza di vincere giocando tutte le combinazioni possibili dei sei numeri della schedina.

Soprattutto ciò che non è onesto è il modo con cui i mass media parlano di questo insulso gioco. Rubriche nell’orario di massima audience che dicono quali numeri hanno più probabilità di uscire di altri perché in “ritardo”. Sciocchezza totale. Nessun  numero è mai in ritardo perché ogni estrazione è totalmente indipendente dalla precedente. Non esiste nessuna scienza dei numeri al lotto. Solo pseudoscienza come l’Astrologia. Una patina di metodo a coprire una montagna d’idiozie. Esperti, qualche volta dotati di cappello a punta con stelline sopra, farneticano sulle relazioni fra eventi di cronaca e numeri possibili. Pochi sono i quotidiani che non hanno in dotazione la rubrica del lotto. D’altronde visto che c’è sempre  l’oroscopo…

Quando qualcuno vince, tutti gli danno grande risalto. Ognuno pensa a come sarebbe bello essere al suo, al loro posto. Giocare pochi euro, per divertimento, in fondo che male fa. Non tutti si fermano all’euro. Nessuno parla di quanti si sono rovinati a giocare. Non è accettabile che fra chi tace ci sia lo Stato. Dovrebbe preoccuparsi di tutelare i diritti dei cittadini, non di sfruttarli.

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