Se state indossando un paio di blue jeans, sappiate che potreste avere addosso il segreto per ottenere un’energia solare economica e versatile. Proprio come il capo che state indossando. È possibile infatti sfruttare piccole molecole che si trovano in alcuni inchiostri, tinte e, appunto, nelle colorazioni dei jeans per costruire delle strutture organiche che diventino la base per pannelli solari flessibili e a buon mercato. E il tutto con un processo tecnologico semplice. A scoprirlo sono stati i ricercatori della Cornell university, un ateneo nello stato di New York che ha sfornato 40 premi Nobel e tre Pulitzer.

Oggi quasi tutti i pannelli solari in commercio sono in silicio (ben il 90%). Sono ingombranti e il processo per produrli è piuttosto costoso. I materiali fotovoltaici organici, cioè costituiti da composti del carbonio, hanno invece un grande vantaggio rispetto al silicio: sotto forma di liquidi colorati, possono essere depositati come una pellicola su ampie superfici a costi ridotti. In pratica, è come spalmare la marmellata su una fetta di pane: la marmellata è la parte “attiva”, quella che assorbe la luce ed è composta dalla molecole organiche, mentre le fette di pane sono gli elettrodi. Gli scienziati dell’università statunitense hanno usato nuovi composti per creare la “marmellata”: le ftalocianine, uno scioglilingua per indicare quelle molecole che si trovano nell’inchiostro delle penne e nelle tinte di alcuni vestiti. Come funziona il dispositivo? Le ftalocianine, un po’ come le molecole che danno il colore verde alle piante, assorbono la luce del sole per convertirla in energia elettrica. Mentre le “fette di pane”, gli elettrodi, conducono l’elettricità prodotta.

I ricercatori hanno ottenuto così una struttura molto simile a quella di una cella fotovoltaica vera e propria, il pezzetto base nel puzzle che compone il pannello solare. E l’hanno descritta sulla prestigiosa rivista Nature Chemistry. «Un modello che amplierà le opportunità nel campo del fotovoltaico organico – spiega William Dichtel, professore di Chimica alla Cornell university –. Speriamo di trarre vantaggio dalla precisione strutturale di questo modello per rispondere a una domanda scientifica fondamentale: come far muovere l’elettricità attraverso i materiali organici».

Per produrre dispositivi di questo tipo vengono usati metodi che ricordano molto quelli dell’industria della stampa e che riducono drasticamente i costi di materiale, processo e dispendio energetico. Si potranno così fabbricare celle solari leggere, flessibili e ad alta efficienza con processi più semplici e veloci rispetto a quelli usati per i tradizionali pannelli in silicio. Mancano ancora alcuni “ingredienti”: trovarli e capire come amalgamarli nella ricetta della cella di nuova generazione, dicono gli scienziati, sarà il prossimo passo.

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