Nell’inchiesta sul business dell’eolico in Sardegna, accanto al presidente della Regione sarda Ugo Cappellacci, c’è ora anche Gabriele Asunis, assessore agli Enti locali e all’urbanistica della Regione, il cui nome va ad aggiungersi ai politici e agli imprenditori già coinvolti. La notizia dell’iscrizione di Asunis sull’elenco degli indagati, ufficialmente smentita dalla procura di Roma, sarebbe in realtà legata a quella del governatore sardo e alle delibere adottate dalla Regione nell’agosto del 2009, quando fu deciso di liberalizzare gli impianti eolici (su cui l’ex governatore Soru aveva posto precisi limiti), sia quella più recente di marzo quando fu invece stabilito che ogni iniziativa legata all’energia pulita era sottoposta al pieno controllo della Giunta. E cioè di Cappellacci.

Il nome di Asunis emerge da intercettazioni da cui risulterebbe il pressing da lui esercitato. La seconda delibera, in particolare, ha segnato un punto a favore di Cappellacci che ha così potuto difendersi dall’accusa di corruzione: “Le nostre posizioni sono state chiarissime, no alle pale off shore, gestione diretta della Regione per gli impianti a terra”. Per qualcuno la delibera sarebbe stata soltanto una mossa difensiva.

Per capire a che punto è approdata l’inchiesta va riassunto qualche capitolo precedente. A partire dalla nomina di Ignazio Farris, amico di Flavio Carboni – il faccendiere coinvolto nel caso Calvi – a presidente dell’Arpas. “E’ una decisione che ho preso su indicazione di Verdini”, è stata l’autodifesa di Cappellacci. Una decisione presa in seguito a un incontro svoltosi a Roma, in via dell’Umiltà, tra il presidente della regione sarda, Carboni e lo stesso Verdini che in tutta questa vicenda è anche sospettato di aver già incassato da Carboni una tangente da 800mila euro destinata a finanziare il Giornale toscano di cui è editore tramite la Società editoriale toscana srl. La circostanza emerge dalla perquisizione compiuta dai carabinieri negli uffici del Credito Cooperativo fiorentino dove sono stati individuati conti correnti riferibili a Carboni sul quale a partire dall’autunno 2009 sono affluiti 5 milioni. Somme provenienti dalle società ansiose di investire nell’energia pulita che facevano capo al faccendiere. “Una cifra troppo importante per essere destinata a tangenti o per essere un regalo a Carboni”, ha ammesso il procuratore romano Capaldo. In altre parole, una raccolta di fondi destinata ad essere investita negli appalti in Sardegna non appena il piano fosse varato dalla Regione.

I tempi tornano, perché alla fine dello scorso anno, proprio mentre i cinque milioni affluivano sui conti di Carboni, la signora Pau, amica del faccendiere, versava assegni circolari per 800mila euro nelle casse del Giornale toscano. Proprio in quel periodo i carabinieri ascoltano in diretta le conversazioni tra i vari protagonisti dell’inchiesta. Anche Marcello Dell’Utri è interessato alla lobby eolica. Per ora non risulta indagato, ma sembra sia stato lui a mettere in contatto Verdini con Carboni. All’improvviso il piano si blocca, poco la notizia dell’inchiesta deflagra. Cappellacci si difende sostenendo di aver risposto picche a Carboni, come dimostra la seconda delibera regionale appoggiata dall’assessore Asunis. E ora l’inchiesta si allarga e potrebbe di qui a poco coinvolgere magistrati e funzionari del ministero della Giustizia protagonisti di conversazioni compromettenti.

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