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Quelli che “voi odiate i grattacieli”: tranquilli, solo quelli fuorilegge

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Prima negavano, dicevano che tutto era a posto, che non esistevano né abusi edilizicorruzione, che non violavano le leggi ma semmai erano le leggi a essere confuse. Adesso non possono più negare, perché quel che hanno fatto lo possiamo leggere raccontato dalle loro stesse parole, nelle loro chat, a cui loro stessi davano nomi come “Compagni di merende” e in cui fissavano incontri, si mandavano warning, chiedevano “aiutoni”.

Esaurita la possibilità del negazionismo, adesso la difesa del Sistema Milano viene affidata a un metodo che in inglese si chiama Strawman argument, in italiano “argomento Fantoccio”. È l’espediente retorico che consiste nel falsificare le argomentazioni dell’avversario semplificandole, distorcendole, sostituendole con argomenti ridicoli: a quel punto è facile confutarle e anche riderci sopra.

Così i difensori del Sistema Milano, da Paolo Mieli a Diego Fusaro, da Alessandro Sallusti a Michele Serra, da Giuliano Ferrara a Stefano Boeri, ripetono, esibendo un sorrisino di compatimento: voi che criticate il modello di città messo ora in evidenza dalle indagini volete il male di Milano, siete nemici della crescita, odiate i grattacieli, sospettate che ogni affare sia un reato, colpevolizzate la ricchezza, siete nostalgici del passato, rimpiangete una Milano povera, ferma, piatta, grigia. Naturalmente sono tutte balle: Strawman arguments.

Noi non critichiamo i grattacieli, ma il fatto che a Milano il Comune li abbia lasciati costruire fuori legge, con una Scia (un’autocertificazione), senza i piani attuativi che impongono servizi per i cittadini e li fanno pagare ai costruttori. Non critichiamo lo sviluppo della città, ma la deregulation che ha permesso di densificarla occupando ogni spazio libero, con palazzi tirati su perfino nei cortili. Non critichiamo la crescita, ma la follia di continuare a consumare suolo (ulteriori 190 mila metri quadrati nel 2023) e peggiorare la qualità dell’aria.

Non “demonizziamo l’idea di una crescita in altezza”, ma aver fatto passare come “ristrutturazioni” le “nuove costruzioni” di grattacieli, con il conseguente sconto del 60% sugli oneri d’urbanizzazione: così i milanesi hanno perso 2 miliardi di euro che dovevano diventare servizi per la città. Non ci lamentiamo della “gentrificazione che avviene in tutte le città del mondo”, ma ci stupiamo che a Milano sia avvenuta in modo selvaggio, bulimico, senza i correttivi introdotti in altre metropoli, da Monaco di Baviera a Berlino, da Barcellona a Copenaghen.

Non ci lamentiamo del progresso, ma del fatto che la guida della trasformazione della città sia stata privatizzata, consegnata a una cricca di costruttori, finanzieri, progettisti, alti dirigenti dell’amministrazione, che l’hanno decisa nei loro uffici, non in Consiglio comunale, badando ai loro profitti, non al bene comune. Senza visione d’insieme: i grandi progetti, da Citylife agli Scali ferroviari, sono stati realizzati fuori dal Pgt, con singoli accordi di programma con i privati. Accordi per di più non rispettati: le Fs avevano promesso di completare la circle line metropolitana in cambio dell’operazione Scali, se la sono dimenticata.

Buon ultimo, Stefano Boeri, il cementificatore riluttante, dalle pagine del Foglio (del costruttore Mainetti) ci dà lezioni di futuro: Milano 2050, contro quelli che hanno una “visione ridotta e ridicola della città”. Adesso ci danno pure lezioni: il sindaco Sala ci dice con aria di rimprovero che da qui in avanti bisogna fare più case ad affitti controllati. Boeri al programma aggiunge “redistribuire la ricchezza” e “sprigionare intelligenza”: ma perché finora hanno fatto il contrario? Sala è sindaco da un decennio. E Boeri negli ultimi 15 anni è stato tutto, candidato sindaco, assessore, progettista, spingitore via chat di affari immobiliari, inventore di progetti green (dall’Orto planetario al Fiume verde) di cui alla fine, chissà com’è, restano solo cemento e grattacieli.

L’ottimismo della progettazione, il pessimismo della fatturazione.

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