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Salto sul carro funebre. Gli ipocriti al potere piangono il “Papa umile”

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Il morto piace a tutti, non è un mistero. E lo sport nazionale, dopo il salto sul carro del vincitore, che è un classico, è il salto sul carro del defunto, che non ti può nemmeno dire: “Scendi, ipocrita”. E così il cordoglio per la morte di papa Francesco si è trasformato (anche) in un festival del falso ideologico diffuso, com’era previsto e prevedibile. In certi casi, un lutto così maldestramente espresso da non riuscire a mascherare il sospiro di sollievo, perché in un mondo che chiede guerra (i potenti e i loro zelanti camerieri), la voce dell’unico potente che chiedeva pace (insieme alla gente) smette di tuonare, e questo risolve un problema ai signori del riarmo permanente.

Lasciamo stare il necro-souvenir, quelli che pubblicano la loro foto insieme al papa appena trapassato, dove l’ego fa premio sul cordoglio e sulla pietà. Peccato di vanità, d’accordo, che è pur sempre una faccenda umana (troppo umana) e ha semmai a che fare con lo spirito dei tempi, l’ansia di comparire, di mettersi in mezzo, di parlare di sé. Più grave sembra invece il cambio di marcia dei vari poteri che di papa Francesco non erano per niente amici, e che oggi sembrano affranti dal dolore. Molti giornali che hanno dedicato al triste evento venti-venticinque-trenta pagine sono gli stessi che mettevano certe dichiarazioni di Francesco a pagina quindici o venti, un trafiletto seminascosto accanto al gattino smarrito che torna a casa, o alle previsioni del tempo.

Succedeva quando il papa stonava – e stonava magnificamente – rispetto alla narrazione corrente, fortemente consigliata, quando parlava di trattative invece che di riarmo, per esempio, quando chiedeva di far tacere le armi proprio mentre ogni Stato europeo si affanna a comprarne e fabbricarne di più. E succedeva quando il papa – il papa, non un pericoloso terrorista di Hamas – usava la parola vietata e ormai evidente a tutti in Palestina: “Genocidio”. Una parola tabù che se la usa un cantante non passa più a Rai1, e se la usa il capo dei cristiani di tutto il mondo finisce nelle notiziette brevi, tra le spigolature e le curiosità.

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Molti, per bypassare questo scomodo nodo pace-guerra (con Francesco dalla parte della pace e tutti gli altri poteri dalla parte della guerra), si occupano dell’aspetto sociale del pontificato. “Il papa degli ultimi” è titolo molto gettonato, e qui arriviamo al cordoglio del governo e dei politici italiani, tutti affranti e addolorati, ma che sugli ultimi distribuiscono solo bastonate. Era il papa dei poveri, che bravo! Ma intanto le politiche economiche (attuali e passate) i poveri li aumentano e li umiliano. Era il papa dei migranti, tanto umano! Ma intanto i migranti vengono bastonati, deportati in manette, a volte lasciati affogare, o ristretti in lager-pollai, qui o in Libia dove occhio non vede. Era il papa dei carcerati, uomo di immensa pietà! Ma intanto cifre e notizie sulle carceri gridano vendetta, tra sovraffollamento, condizioni disumane, suicidi (90 nel 2024, 22 nei primi tre mesi del 2025), con un sottosegretario (Delmastro) che prova “intima gioia” nel sapere che “non li lasciamo respirare”.

Spesso si assiste a una distanza tra parole di circostanza (uh! Il lutto, il dolore!) e azioni concrete, ma in questo caso la distanza è così siderale da esplodere come un petardo davanti agli occhi di tutti. Il degno coronamento, l’apoteosi sarà vedere Trump al funerale. La messa, il segno della croce insieme a Giorgia, e poi via, tutti insieme a deportare migranti e a comprare più armi.

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