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Ucraina e “soft power” americano: Maidan, giornali e Ong. Ora tocca a Musk

“Oltre a 5 miliardi per la rivolta del 2014”, l’80-90% delle testate di Kiev prende fondi Usa
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Gli Stati Uniti hanno speso 5 miliardi di dollari per la rivoluzione di piazza Maidan nel 2014”, è l’accusa che Kennedy Jr., ha diretto ai democratici Usa. Il segretario alla Salute voluto da Trump si riferiva al discorso tenuto da Victoria Nuland il 13 dicembre 2013, in cui elogia il movimento pro-europeo e dichiara gli investimenti Usa, i famosi 5 miliardi, immessi nel paese sin dalla caduta dell’Unione Sovietica. Le accuse di ingerenza non hanno tardato a comparire su diversi media spingendo Nuland a dichiarare in seguito che il movimento era sorto spontaneamente e non finanziato da Usaid. Nuland, definita da Responsible Statecraft “uno dei sostenitori più aggressivi del sostegno degli Stati Uniti per l’Ucraina e l’espansione della Nato”, all’epoca di Euro-Maidan aveva un mandato sugli affari europei ed euroasiatici e prese parte attiva alle proteste di piazza Maidan. La sua esclamazione “Fuck the Eu”, al telefono con l’ambasciatore Usa che rispose “exactly”, è una critica all’Europa troppo propensa al dialogo con il non collaborativo presidente Yanukovich, mentre lei spingeva per un cambio di governo con Yatsenyuk come primo ministro, come poi effettivamente avvenne.

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I finanziamenti di Usaid a cui la Nuland si riferiva erano stati distribuiti in Ucraina attraverso diversi progetti, tra cui la lotta alla corruzione e alla propaganda russa. Venivano finanziati media come Telekritika, che si sono occupati da prima del 2014 di monitorare l’influenza russa nei media ucraini. Secondo un’inchiesta di Al-Jazeera del 2016, i media ucraini erano posseduti da pochi oligarchi e il paese si trovava al 129º posto su 180 per la libertà di informazione. La libertà di stampa nel Paese ha un notevole miglioramento per poi cedere a una preoccupante ricaduta nel 2024, secondo quanto dichiarato da Reporter Senza Frontiere al Kiev Independent. Fino ad arrivare all’attuale blocco di Usaid che danneggia i media del Paese. Oksana Romaniuk, direttrice dell’Istituto dei mass media Imi, ha dichiarato che attualmente l’80-90% dei media ucraini è in vita grazie ai fondi di Usaid. C’è una campagna attiva del Kiev Independent, media non esente da finanziamenti Usa, per raccogliere fondi destinati ai media che rischiano di chiudere dopo il blocco imposto da Trump. “La Russia è la causa primaria della disinformazione in Europa”, diceva Andrus Ansip, allora vicepresidente della Commissione europea, inaugurando una campagna contro la disinformazione da 5 milioni. Viene da chiedersi quanto imparziali possano essere i media ucraini se legati a fondi del governoUsa, la stessa domanda si pone un operatore umanitario di una Ong internazionale che preferisce restare anonimo. “È una crisi enorme che colpisce tutto il settore e che per forza di cose porterà a un cambio. Ora ci chiediamo se è giusto chiamarci non governative quando molte delle nostre organizzazioni sono finanziate totalmente e seguono solamente i fondi Usa nel mondo”, e aggiunge “se Trump agisce in questo modo però, temo che non sia per migliorare un’istituzione che lui invece reputa troppo benevola”.

Nonostante le critiche, Trump nel primo mandato non ha mai smesso di fornire armi a Kiev, “ci dava i Javelin”, ci aveva ricordato un combattente dell’Azov all’ospedale capitolino.

E mentre la guerra colpiva l’Ucraina i media, le Ong, l’esercito e milioni di smartphone si allacciavano alla crescente Starlink sui cieli del paese. Musk, grazie anche al lavoro diplomatico occidentale, entrava come attore benevolo a sostegno degli ucraini, posizionandosi tra i giganti delle telecomunicazioni, a fianco della telefonia Kyivstar, tredicesima in Europa e che vede un uomo di Trump, Mike Pompeo, al consiglio d’amministrazione. Ora che l’Europa potrebbe non veder ripagato il proprio sforzo, vedendosi sfilare dalle mani le terre rare ucraine proprio da Trump.

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