Il Fatto di domani. Riecco Draghi: ora cerca un posto in Europa. Medio Oriente, Israele risponderà all’Iran “ma in modo limitato”

Di FQ Extra
16 Aprile 2024

DRAGHI È GIÀ IN CAMPAGNA PER LA COMMISSIONE UE: “PROPORRÒ UN CAMBIAMENTO RADICALE”. Mario Draghi torna sulla scena e invoca “un cambio radicale della Ue”. Sembra il timbro sull’inizio della sua campagna elettorale per la successione a von der Leyen al vertice della Commissione europea. Il bis, per la numero 1 di palazzo Berlaymont, non è più così scontato. Mentre salgono le quotazioni di mister Bce, già sponsorizzato da Emmanuel Macron. Giorgia Meloni invece nicchia: con Draghi a palazzo Chigi era all’opposizione e del resto, nei mesi trascorsi alla guida del governo, la premier ha stretto un patto di ferro con von der Leyen. Ma le carte potrebbero rimescolarsi dopo il voto per le europee di giugno. Intanto, Supermario gioca la sua partita. Alla conferenza europea sui diritti sociali di La Hulpe (Belgio) Draghi ha invocato “maggiore integrazione”, per l’Ue, “se non a 27 tra quelli che ci stanno”. Lo scopo è aumentare la competitività industriale per spuntare la minaccia cinese: “Ci sono Paesi che non rispettano le regole”, ha tuonato l’ex presidente del Consiglio, in un mondo “che ci ha colti di sorpresa”. Ovvero: in Europa sopravvivono norme dell’era pre-covid, quando la guerra a Gaza e in Ucraina non si scorgevano all’orizzonte. Ma ora serve il cambio di passo sugli investimenti per “trasformare l’economia europea”: energia senza il carbone, tecnologie prodotte in Ue, difesa europea integrata. L’ex banchiere si rammarica di come il Vecchio Continente esprima solo 4 delle prime 50 aziende tecnologiche al mondo, mentre sul 5g scontiamo il ritardo sulla Cina. I denari da investire però non dovrebbero arrivare dagli Stati, bensì dai privati. Entro giugno Draghi dovrebbe consegnare il suo report sulla competitività dell’economia europea. Non è l’unico italiano impegnato nella riforma dell’Ue. Enrico Letta giovedì parteciperà alla riunione dei capi di Stato e di Governo per presentare un rapporto sul mercato interno. Sul Fatto di domani vi racconteremo le strategie di Mario Draghi in Europa.


BARI, CENTROSINISTRA SOSPESO: SLITTA L’INCONTRO LECCESE-LAFORGIA. CANFORA A GIUDIZIO, MELONI CHIEDE 20 MILA EURO. “Il Sud al centro” delle indagini. E il “Senso civico” smarrito. Volendo concedere qualcosa alla politica dei meme, si potrebbe parlare così del caso Bari. Oggi davanti al Tribunale del capoluogo pugliese sono passati Alfonso Pisicchio, ex assessore regionale all’Urbanistica del comune di Bari, e il fratello Enzo, coordinatore del movimento Senso civico. Entrambi da mercoledì scorso sono agli arresti dominciliari con altre tre persone con l’accusa di presunta corruzione relativa ad alcuni appalti, turbativa d’asta, emissione di fatture per operazioni inesistenti, truffa, finanziamento illecito dei partiti. Enzo si è avvalso della facoltà di non rispondere, Alfonso ha negato le accuse. Ieri è stato rimosso dall’incarico, dal sindaco di Bari Antonio Decaro, l’assessore Alessandro D’Adamo, indagato dalla Procura europea perché avrebbe ricevuto fondi per 8,8 milioni di euro per organizzare corsi di formazione per combattere la disoccupazione e garantire l’integrazione dei giovani nel mondo del lavoro. Corsi che, però, secondo gli inquirenti non si sarebbero mai svolti. La Commissione parlamentare antimafia ha già cominciato a studiare il dossier Bari con le nuove inchieste emerse negli ultimi giorni, fa sapere oggi la presidente Chiara Colosimo (FdI). Oltre al tema giudiziario, il problema, sempre di più, è politico. Il centrosinistra non trova il nome del candidato sindaco, dopo il ritiro del “terzo” aspirante, Colaianni, e non trova più l’accordo tra M5S e Pd. Nei sondaggi il caso sembra aver danneggiato i dem e giovato al partito di Conte. Oggi è slittato ancora l’incontro tra i due candidati contrapposti dei due partiti: Vito Leccese per il Pd, da un lato, e Michele Laforgia per il M5S dall’altro. Le distanze restano. Quanto alla Regione, Michele Emiliano continua a schernirsi dietro la stessa affermazione: “Non c’è nulla che riguardi la giunta della Regione Puglia, non c’è una indagine, non c’è un’accusa. Ci sono dei fatti accaduti anche ad un assessore, che l’hanno indotto alle dimissioni, ma sono fatti che riguardano lei e il marito e che non hanno nulla a che vedere con l’attività della giunta. La stessa cosa dicasi per la giunta di Bari dove non ci sono accuse che riguardano l’attività amministrativa”. Sul Fatto di domani faremo un punto della situazione. Parleremo anche del processo a Luciano Canfora per diffamazione nei confronti della premier Giorgia Meloni, per averla chiamata “poveretta”, “mentecatta” e “neonazista nell’anima”. Meloni ha chiesto un risarcimento di 20 mila euro.


MEDIO ORIENTE, GLI USA: ISRAELE COLPIRÀ L’IRAN MA IN MODO “RISTRETTO E LIMITATO”. TEHERAN PROMETTE UNA REPLICA CON ARMI “MAI USATE PRIMA”. Fonti americane alla Cnn confermano che Israele dopo aver respinto l’attacco missilistico dell’Iran sabato notte ritiene che è necessario rispondere sul piano militare; ma questa azione sarà “ristretta e limitata” all’interno del territorio iraniano. In ogni caso, Israele non ha detto agli Stati Uniti ufficialmente quali potrebbero essere i suoi piani e quando potrebbe attaccare: “Non c’è alcuna garanzia che ci daranno un avvertimento e sanno che quando lo faranno probabilmente esprimeremo nuovamente la nostra obiezione”, ha aggiunto la fonte. Queste informazioni confermano la linea di Daniel Hagari, portavoce militare israeliano: “Non possiamo restare fermi davanti a questo tipo di aggressione, l’Iran non ne uscirà impunemente”. L’Iran annuncia: se Israele colpirà la risposta sarà data da armi devastanti “mai usate prima”. Da più parti si chiede di non allargare il conflitto a tutto il Medio Oriente, ma il primo ministro israeliano Bibi Netanyahu ribadisce che la guerra proseguirà anche dentro la Striscia con la missione a Rafah: “Gaza fa parte di un sistema più grande. C’è l’Iran dietro Hamas, dietro Hezbollah, dietro gli altri, ma siamo determinati a vincere lì e a difenderci in tutte le arene. Gli obiettivi sono tre: eliminare Hamas, riavere i rapiti – il riferimento è agli ostaggi portati via dai fondamentalisti durante il massacro del 7 ottobre – e garantirci che Gaza non costituisca più una minaccia per Israele”. Sul Fatto di domani leggerete altri particolari: i dettagli delle forze in campo tra Israele e Iran, e la questione degli aiuti militari degli Stati Uniti che devono essere votati dal Congresso, compresi quelli destinati al conflitto in Ucraina.


“CHIUSO FINO AL CESSATE IL FUOCO”: ARTISTI ISRAELIANI RIFIUTANO DI APRIRE IL PADIGLIONE ALLA BIENNALE DI VENEZIA IN POLEMICA CON NETANYAHU. “CENSURE DEMOCRATICHE”, PARLA VAROUFAKIS. Anche l’arte, non per la prima volta, entra nel dibattito sul conflitto in Medio oriente. Fa discutere la decisione del curatore e dell’artista del padiglione di Israele alla Biennale d’arte di Venezia di non aprire lo spazio espositivo in polemica con la guerra. Il padiglione di Israele alla 60a Biennale di Venezia, che doveva aprire oggi, resterà chiuso “sino a che non sarà pattuito un cessate il fuoco e non saranno liberati gli ostaggi” nelle mani di Hamas. Questo si legge su un cartello esposto all’esterno del locale. A fine 2023 un gruppo di artisti chiamato Art Not Genocide Alliance aveva chiesto di cancellare completamente la mostra perché vedeva qualunque espressione dell’arte israeliana come un endorsement alla politica del governo di Netanyahu. L’esibizione dell’artista Ruth Patir, intitolata (M)otherland non è cancellata ed è allestita all’interno, ma non sarà accessibile, se non per chi vorrà sbirciare dalle finestre del padiglione, in “solidarietà con le famiglie degli ostaggi e la grande comunità di Israele che chiede un cambiamento”. “Come artista ed educatore – spiega Patir – rifiuto fortemente il boicottaggio culturale, ma ho una grande difficoltà a presentare un progetto che parla di vulnerabilità per la vita in un momento in cui non c’è rispetto per essa”. Il curatore della Biennale Adriano Pedrosa ha dichiarato di “rispettare la decisione degli artisti e del curatore del padiglione Israele. È una decisione molto coraggiosa”. Sul Fatto di domani racconteremo la vicenda e poi torneremo sul tema delle censure alla libertà d’espressione, parlandone direttamente con uno dei protagonisti dell’ultimo caso: Yanis Varoufakis, l’ex ministro delle Finanze greco che si è visto negare l’accesso su suolo tedesco e la possibilità di fare interventi politici nel Paese per aver partecipato a un convegno filopalestinese.


LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE

Ponte sullo Stretto, alt del ministero dell’Ambiente: 239 richieste di integrazione nel progetto. Doccia fredda per Matteo Salvini, che avrebbe gradito aprire i cantieri entro l’estate. Invece la commissione per la Valutazione dell’impatto ambientale ha richiesto una ingente mole di documenti, prima di esprimersi. Ora le società Stretto di Messina e il consorzio Eurolink (capitanato da Webuild) dovranno presentare le carte. Gli esperti ministeriali chiedono più informazioni sull’analisi costi-benefici, come sull’impatto nei confronti dell’aria, dei terreni, e delle acque superficiali.

Santanché “ottenne 2,4 milioni ottenuti spacciando Visibilia per una start-up”. Daniela Santanché avrebbe ottenuto due finanziamenti bancari, il primo per Visibilia srl e il secondo per Visibilia Concessionaria, “sostenendo falsamente” che le due società fossero start-up e presentando, nel primo caso, anche delle fatture “retrodatate“. È quanto emerge da una relazione della Banca d’Italia depositata agli atti dell’inchiesta milanese per falso in bilancio delle tre società del gruppo Visibilia, di cui è stata amministratrice delegata e presidente.

Maxi incendio alla Borsa di Copenaghen: crollata la guglia. Nella capitale danese, le fiamme hanno avvolto l’edificio in fase di restauro, circondato da impalcature. Il primo allarme è partito alle 7,36 del mattino. “Immagini terribili, 400 anni di patrimonio culturale danese in fiamme”, ha scritto su X il ministro della Cultura della Danimarca, Jakob Engel-Schmidt.


OGGI LA NEWSLETTER FATTO FOR FUTURE

Suviana e le altre 5000. Tra concessioni in scadenza e canoni troppo bassi, i territori chiedono una gestione più democratica

di Elisabetta Ambrosi

“Quello che è accaduto la settimana scorsa a Suviana ci colpisce tutti. Le aziende, certo, ma anche le comunità locali. È una tragedia della montagna. L’idroelettrico è stata la più grande forma di industrializzazione della montagna italiana, delle Alpi come degli Appennini”. Racconta Marco Bussone, presidente dell’Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani (UNCEM), che “prima ci sono state dighe, invasi, turbine e alternatori, progettisti, ingegneri, architetti che hanno reso l’Italia uno dei più grandi produttori d’Europa di energia da acqua più forza di gravità. Solo dopo sono arrivati piste da sci, impianti di risalita, hotel e ristoranti”.

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