Il report

Acqua, conflitti e migrazioni forzate: in 20 anni 1.385 guerre per l’oro blu

Legambiente - L'associazione ambientalista mette in fila i numeri e le conseguenze dei conflitti legati alle gestione della risorsa idrica. La sua scarsità, insieme all'impatto dei cambiamenti climatici, potrebbe alimentare le migrazioni di 216 milioni di persone entro il 2050

Di Legambiente
25 Marzo 2024

La gestione e il controllo delle risorse idriche porta sempre di più all’aggravarsi di tensioni e conflitti nelle aree più vulnerabili del mondo con impatti violenti sul futuro delle popolazioni, costrette a fuggire, talvolta verso insediamenti o campi esposti a gravi rischi climatici e dove è sempre più difficile fornire servizi idrici e igienico-sanitari.

A fare il punto su ciò è Legambiente con il nuovo report “Acqua, conflitti e migrazioni forzate: la corretta gestione delle risorse idriche come strumento di stabilità e pace” realizzato con il contributo di Unhcr (Agenzia delle Nazioni unite per i rifugiati). Nel report l’associazione ambientalista fa un’analisi approfondita su quanto sta accadendo nel mondo, dai Paesi segnati dai conflitti legati alla gestione della risorsa idrica per arrivare all’Italia sotto scacco degli eventi metereologici estremi in forte aumento.

I numeri parlano chiaro: nel mondo tra il 2000 e il 2023 ci sono stati 1.385 conflitti legati alla gestione della risorsa idrica (fonte Pacific Institute). Tra le parti più colpite il Corno d’Africa: solo in Somalia nel 2023, secondo le stime dell’Unhcr, la più grande siccità degli ultimi 40 anni e le inondazioni, combinandosi con situazioni di conflitto e insicurezza, hanno causato quasi 3 milioni di nuovi spostamenti forzati all’interno del Paese. A ciò si aggiunge la difficoltà nelle aree dove le persone rifugiate e sfollate sono accolte a fornire servizi idrici e igienico-sanitari.

“L’accesso all’acqua – spiega Chiara Cardoletti, Rappresentante Unhcr per l’Italia, la Santa Sede e San Marino – è un diritto umano fondamentale. Spesso, però, è proprio la mancanza di risorse idriche e la competizione per esse a innescare situazioni di conflitto che costringono le persone a lasciare la propria casa. Le popolazioni di rifugiati e sfollate, a loro volta, spesso trovano protezione in regioni del mondo ad alto rischio climatico, dove l’accesso all’acqua è già limitato e le risorse necessarie per sopperire a tale mancanza sono scarse. In questi contesti, è difficile garantire l’accesso a servizi idrici e igienico-sanitari adeguati, con gravi conseguenze sulla salute e sul benessere generale sia delle persone in fuga che delle comunità che le ospitano. Attraverso il proprio lavoro, Unhcr si impegna a livello mondiale per garantire l’accesso all’acqua per le persone rifugiate e sfollate e affrontare l’impatto ambientale delle migrazioni forzate.”

Parlando di acqua e conflitti, preoccupano anche le proiezioni del report Groundswell della Banca mondiale secondo cui entro il 2050 circa 216 milioni di persone potrebbero essere costrette a migrare a causa degli impatti climatici, tra cui lo stress idrico. Alla luce di questo, è urgente avviare una cooperazione internazionale nella gestione sostenibile delle risorse idriche. Secondo l’Onu, seppure 3 miliardi di persone nel mondo dipendano dall’acqua che attraversa i confini nazionali, appena 24 Paesi su 153 dichiarano di avere accordi di cooperazione per l’acqua condivisa.

“Riconoscere l’acqua non solo come una risorsa da utilizzare ma come un diritto umano è fondamentale per costruire un futuro pacifico – dichiara Giorgio Zampetti, direttore generale Legambiente –. L’acqua è sempre più al centro di molteplici sfide globali, tra cui cambiamenti climatici, migrazioni forzate e conflitti. La crisi climatica e la sua gestione poco sostenibile è un problema che, seppur abbia ricadute gravi in aree del mondo già vulnerabili, riguarda tutti i Paesi, anche l’Italia che deve fare la sua parte”.

La sfida di una corretta gestione dell’acqua non riguarda, infatti, solo i Paesi con economie in via di sviluppo ma anche quelli con economie sviluppate, dove si aggravano gli effetti della crisi climatica come l’Italia. Dal 2010 al 31 dicembre 2023 la Penisola ha contato su 1.947 eventi meteorologici estremi, ben 1.168 con protagonista la risorsa idrica (dati aggiornati Città Clima Legambiente). “Per questo continua – Zampetti – torniamo a chiedere al Governo italiano di fare la sua parte è di accelerare l’attuazione del Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici proponendo tre azioni chiave”: 1) una cabina di regia e una governance unica e integrata dell’acqua per risolvere le inefficienze ed ottimizzare i prelievi e gli usi; 2) assicurare la buona qualità e la sicurezza dell’acqua per uso potabile, come richiesto dalla direttiva europea 2020/2184 sulle acque destinate al consumo umano, aggiornando i limiti per alcuni inquinanti, aggiungendo altri contaminanti (Pfas e microplastiche) e promuovendo un sistema di monitoraggio che consideri tutta la catena di approvvigionamento dell’acqua potabile e che si basi sul rischio; 3) una progettazione e pianificazione integrata e di qualità per ridurre gli usi della risorsa e prevenire l’inquinamento, assicurare una buona qualità in uscita dagli impianti che sia adeguata agli usi per un corretto riutilizzo in agricoltura e nell’industria.

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