Furti d’arte

Anche un imprenditore lega a Sgarbi il quadro trafugato

L’opera “rubata” nel ’13 e ricomparsa nel ’21 - Dall’inchiesta spunta anche un secondo nome che ricollega persone vicine a Sgarbi il furto al castello

14 Gennaio 2024

Anche le misure inchiodano Sgarbi al quadro rubato. Dalle prime verifiche fatte sull’opera sequestrata due giorni fa a Ro Ferrarese, emerge che non ci sono affatto quei 30-40 cm di differenza con la versione della Cattura di San Pietro trafugata dieci anni fa dal castello di Buriasco e riapparsa con una candela in una mostra del 2021 come “inedito” di sua proprietà. Le dimensioni riportate nella denuncia, lo conferma la vittima del furto, comprendevano infatti la cornice, oltre al fatto che l’opera si è ulteriormente ridotta per via del taglio interno ad essa, necessario ad asportarla. Cade dunque, e prima ancora della guerra di perizie che già si annuncia, la “foglia di fico” che Sgarbi utilizza da settimane per dire che sono “opere diverse”.

Ma c’è di più. L’inchiesta congiunta Fatto-Report in onda questa sera su Rai3 darà conto anche di nuovi nomi collegabili al furto e al riciclaggio di beni culturali per cui proprio il sottosegretario ai beni culturali è indagato dalla Procura di Macerata. La nuova puntata smonta un’altra delle bugie scodellate dal critico. In tv aveva fatto il nome di un supertestimone, l’imprenditore delle ceramiche Pietro Pambianco, che sarebbe stato con lui quando trovò il dipinto in un’intercapedine del sottotetto della sua Villa Maidalchina di Viterbo: “Che cazzo è sto quadro? Io non me lo ricordo e non voglio questi casini qua”, risponde Pambianco al telefono, incenerendo così l’ennesimo tentativo del sottosegretario di accreditare il ritrovamento fortuito.

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Dall’inchiesta spunta anche un secondo nome che ricollega persone vicine a Sgarbi il furto al castello: un amico del fedelissimo ex autista Paolo Bocedi, che veniva citato nella denuncia come potenziale acquirente proprio poche settimane prima del furto. Bocedi non era dunque il solo ad andare a Buriasco. Una terza persona, che incontriamo nei pressi di Saronno, ci conferma che anche quest’altro amico di Bocedi andava con lui, dicendo alla proprietaria di voler rilevare il ristorante dove si trovava il quadro bramato da Sgarbi. La nostra fonte ci spiega che prima di Natale, dopo che i cronisti erano passati nel negozio di Bocedi a Saronno per chiedergli conto del suo nome nella denuncia, l’avvocato del fedelissimo di Sgarbi lo chiama per cercare “con urgenza” tal Vito Millico. L’urgenza è presto spiegata: è proprio il secondo nome che spunta nella denuncia della signora Buzio, proprio vicino a quello di Bocedi, suo vecchio amico e compaesano. Millico, raggiunto al telefono, conferma di essere stato più volte al castello in quel periodo ma “per rilevare il ristorante”. Per la signora Buzio, invece, “era solo un pretesto perché i due vennero insieme”. Nel 2013, come ha rivelato Il Fatto, al casello autostradale di Brescia, l’opera viene poi consegnata da Bocedi a Gianfranco Mingardi, il restauratore di fiducia di Sgarbi “tagliata e arrotolata come un tappeto”. Era l’8 di maggio 2013. Era il 60esimo compleanno di Vittorio Sgarbi.

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