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I candidati di Renzi e Calenda sono tragici, ma non seri

24 Agosto 2022

C’è la capolista al Senato nel collegio Campania 2, Stefania Modestino, che sui social definiva Ursula von der Leyen “una cameriera”, Emmanuel Macron “un fattorino” e il presidente bielorusso, Alexander Lukashenko, uno “bravo” che fa “quello che l’Europa non è stata capace o non ha voluto fare per compiacere Biden”. In Sardegna, invece, il primo nome è quello di Guido Garau, filosofo e combattente contro “l’ordoliberismo” cioè “la dottrina che ispira le politiche europee da oltre trent’anni, nonché supporto ideologico di tutto il discorso d’insediamento di Mario Draghi”. In Puglia corre poi Massimo Stellato, celebre da quelle parti per aver organizzato nel 2018 una protesta dei gilet gialli contro il caro benzina.

No, questi non sono i candidati di Italexit o di Unione Popolare. Questi nomi, con altri ben peggiori, sono invece alcuni degli aspiranti parlamentari presentati dal duo (a questo punto decisamente comico) Carlo Calenda-Matteo Renzi. Dopo aver dichiarato di essere filo-atlantici, liberisti, meritocratici e soprattutto seri, i due gemelli dell’autogol hanno stupito la loro platea di tifosi (folta su twitter, nelle zone Ztl delle città e sui giornali) con un colpo da maestri: liste stilate con l’apparente intento di contraddire tutto quello che predicavano da anni. E poco importa che Calenda abbia ieri cercato di prendere le distanze da se stesso parlando di “un errore”, ovviamente attribuito alle dirigenze locali. Perché scorrendo gli elenchi di nomi del sedicente terzo polo, emerge evidente nella compilazione un intento situazionista, cioè ispirato a quel movimento artistico che negli anni 50 ambiva alla trasformazione radicale della società e dell’arte borghese tramite la liberazione delle energie vitali e creative dell’individuo.

Così, dopo averci giustamente ammorbati per mesi sulle commistioni politica e magistratura e aver denunciato il cancro delle correnti al Csm, ecco che i nostri in Liguria piazzano al primo posto alla Camera Cosimo Ferri, ex leader di Magistratura Indipendente (si fa per dire) e soprattutto protagonista di un celebre incontro all’Hotel Champagne di Roma dove Ferri, assieme al suo amico Luca Lotti, discuteva con i componenti del Consiglio superiore il nome del nuovo procuratore di Roma, destinato a sostenere l’accusa contro lo stesso Lotti. Mentre Calenda, forte delle sue promesse in fatto di candidature – “faremo delle belle liste” composte da “persone esperte, consiglieri comunali e regionali giovani e in gamba”, con “un nucleo forte e di grande qualità“ – ha deciso di escludere due ex amministratori locali, gli ex sindaci di Milano e Parma, Gabriele Albertini e Federico Pizzarotti, ai quali nemmeno il più sfegatato avversario ha mai contestato la competenza.

In attesa che i risultati del 25 settembre si occupino di modificare il nome dell’alleanza da terzo polo a terzo pollo (con un chiaro riferimento all’elettore che, come fece Enrico Letta, ci cascherà), quelli dell’hashtag #italiasulserio hanno invece candidato a Catania il collettore di voti Giuseppe Castiglione, un ex alfaniano noto per aver creato 400 posti di lavoro al Cara di Mineo grazie a un sistema (illecito secondo i pm) che prevedeva l’offerta ai neo-assunti di una tessera del Nuovo centrodestra seguita dall’aspettativa, in genere soddisfatta, di riceverne la preferenza. Ma l’elenco dei riciclati, imputati e raccomandati presente nella lista proposta dai gemelli dell’autogol è molto più lungo. Noi ne consigliamo a tutti una la lettura ragionata: perché, come diceva Flaiano, in Italia la situazione politica è tragica, ma non seria.

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