Ecosistemi compromessi

Il mare d’inverno: al lavoro per ripulire le “terre dei fuochi” sulle nostre spiagge

L'iniziativa, giunta quest'anno alla sua trentesima edizione, ha consentito di raccogliere finora 6.500 contenitori in alluminio, 17.700 sacchi grandi d’immondizia, 35.880 contenitori in vetro e 218.300 bottiglie di plastica. La giornata clou sarà domenica 7 marzo

Di Associazione Fare Verde
2 Marzo 2021

“Il mare d’inverno è un concetto che il pensiero non considera. È poco moderno, è qualcosa che nessuno mai desidera”. Così cantava anni fa Enrico Ruggeri ed è una grande verità, perché generalmente pensiamo al mare e alla spiaggia solo in prossimità dell’estate. Una visione dell’arenile non come parte dell’ambiente che ci circonda, ma come luogo “utile” solo per fare i bagni e prendere il sole. L’associazione ambientalista Fare Verde la pensa diversamente e per questo dal 1992 organizza la manifestazione nazionale “Il Mare d’Inverno”, l’evento più longevo nel panorama ecologista nazionale ed europeo, giunto infatti alla trentesima edizione nazionale. In tanti anni, Fare Verde ha raccolto sulle spiagge italiane un’enorme quantità di rifiuti di ogni genere e dimensione. In 29 edizioni della manifestazione, i volontari dell’associazione ambientalista hanno tolto dagli arenili della nostra penisola 6.500 contenitori in alluminio, 17.700 sacchi grandi d’immondizia, 35.880 contenitori in vetro e 218.300 bottiglie di plastica.

Quest’anno Fare Verde celebra la trentesima edizione dell’evento ideato dal compianto fondatore e Presidente Paolo Colli e, nonostante la pandemia, ha organizzato eventi per 50 giorni continuativi in difesa della spiaggia e del mare, sull’intero territorio nazionale, ricevendo il Patrocinio della Commissione UE – Rappresentanza per l’Italia, del Ministero dell’Ambiente e del Comando Generale della Guardia Costiera, oltre a quelli dell’Assemblea Legislativa dell’Emilia Romagna, delle Regioni Friuli Venezia Giulia, Lazio e Toscana, nonché di innumerevoli Comuni.

“Per celebrare opportunamente la trentesima edizione della manifestazione – dice Francesco Greco, Presidente Nazionale di Fare Verde – abbiamo organizzato una mobilitazione di 50 giorni, da domenica 31 gennaio fino a domenica 21 marzo 2021, così da realizzare, oltre alle classiche pulizie delle spiagge, una serie di eventi collaterali quali conferenze e dibattiti on line, momenti di riflessione sui risultati riscontrati, incontri con le scuole e le pubbliche amministrazioni”.

La pulizia vera e propria dell’arenile è l’evento più sentito dai volontari. E così, dal Friuli Venezia Giulia alla Sicilia, dalla Toscana alla Puglia, sono tante le spiagge che sono state o saranno ripulite nelle prossime settimane dall’immondizia. La giornata clou sarà domenica 7 marzo, pandemia permettendo. I volontari si ritroveranno, fianco a fianco con i cittadini, sugli arenili italiani. Solo nel Lazio saranno ben 12 le spiagge ripulite. L’elenco completo si può trovare sul sito www.fareverde.it.

Ma da dove arrivano i rifiuti che “decorano” i nostri arenili? Una parte di immondizia trovata sulla spiaggia è frutto dell’abbandono da parte dei bagnanti, che durante l’estate “dimenticano” ciabatte, ombrelloni, sdraio, accendini e contenitori di olio solare. Un’altra parte dei rifiuti, molto consistente, li riporta a riva il mare. Le onde trasportano oggetti per centinaia di chilometri, che finiscono sulla sabbia e lì rimangono per anni. Ad esempio, sulla spiaggia di Rosolina Mare, in provincia di Rovigo, sono stati ritrovati imballaggi plastici degli anni 60 e personaggi commemorativi del Giro d’Italia del 1958! La plastica, deteriorata dagli agenti atmosferici, si polverizza in scaglie piccolissime che inquinano l’ambiente marino e sono ingoiate dai pesci. Gli stessi che finiscono sulle nostre tavole imbandite. “Non è raro trovare sull’arenile dei contenitori che riportano indicazioni esclusivamente in lingua straniera – dice Silvano Olmi, responsabile dell’ufficio stampa di Fare Verde e coordinatore nazionale della manifestazione – oppure bottiglie in plastica di prodotti che da decenni non sono più in vendita, segno evidente che sono lì da tantissimo tempo”. Oltre alla quantità, i rifiuti colpiscono per la varietà e singolarità. “In 29 edizioni sulle spiagge italiane abbiamo trovato di tutto – prosegue Olmi –: dai classici oggetti estivi come le ciabatte infradito, le creme solari e i costumi da bagno, a quelli che non ti aspetti come caschi per motociclista, pneumatici, bossoli di cartucce da caccia, siringhe, animali morti, fino alla carcassa di un motorino e addirittura lingerie sexy e oggetti per giochi erotici”. Spiagge ridotte a vere e proprie discariche, “terre dei fuochi” in riva al mare. In Campania, ad esempio, non è raro trovare grandi quantità d’immondizia seppellita sotto la sabbia di lidi diventati terra di nessuno. “La pulizia dell’arenile spetta alle amministrazioni comunali – prosegue Olmi – che devono inserire questa attività nell’appalto della raccolta e smaltimento dei rifiuti. Ma alcune spiagge non sono raggiungibili facilmente dai mezzi meccanici e la raccolta a mano incide notevolmente sui costi finali. Così più di qualcuno chiude un occhio”.

I primi dati dell’edizione in corso vedono in testa, tra i rifiuti maggiormente ritrovati, una grande quantità di polistirolo composto dalle cassette per il trasporto del pesce, seguita da centinaia di bottiglie in plastica e dalle retine da pesca.

Altro problema gravissimo e da non sottovalutare è quello dell’erosione marina. “Il mare sta letteralmente mangiando le nostre spiagge – dice Francesco Greco – le onde invadono la spiaggia durante l’inverno e portano via metri preziosi di battigia, giungendo a insidiare strade litoranee, ferrovie, aree naturalistiche e abitazioni. Una situazione gravissima che stiamo denunciando da decenni e che nessuno ha affrontato con la dovuta attenzione. Prima di parlare di transizione ecologica – conclude il Presidente di Fare Verde – bisognerebbe occuparsi concretamente dell’erosione costiera e iniziare a ridurre i rifiuti alla fonte rivedendo completamente il sistema degli imballaggi e incentivando il vuoto a rendere”.

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