Il contributo

Recovery Plan, Greenpeace: una buona notizia la scomparsa dei fondi per i progetti fossili di Eni

Il governo sembrerebbe aver eliminato dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) lo stanziamento di finanziamenti inizialmente ipotizzati a favore dell'azienda per i progetti di cattura e stoccaggio della CO2  a Ravenna e per presunte bioraffinerie

Di Chiara Campione*
26 Gennaio 2021

Il governo sembrerebbe aver eliminato dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) lo stanziamento di fondi inizialmente ipotizzati a favore di Eni per i progetti di cattura e stoccaggio della CO2 (CCS) a Ravenna e per presunte bioraffinerie, impianti di produzione di carburanti da plastiche non riciclabili: se confermata, la scomparsa di questi progetti fossili sarebbe davvero una buona notizia.

Rispetto alla bozza precedente a quella approvata pochi giorni fa, non vi è infatti ad esempio traccia del finanziamento, tramite Recovery Plan, del polo di CCS che il Cane a sei Zampe vorrebbe realizzare in Emilia-Romagna. Secondo quanto descrive Enea, per CCS si intende un processo che consiste nell’estrarre “biossido di carbonio (più noto come anidride carbonica o CO2) dagli scarichi prodotti da impianti di combustione; renderlo fluido per consentirne il trasporto verso un deposito, e – se non utilizzato a fini produttivi – provvedere al suo stoccaggio, cioè conservarlo, avendo cura che non si verifichino dispersioni in atmosfera”.

Per Greenpeace il CCS è una tecnologia fino ad ora fallimentare, onerosa dal punto di vista economico e che servirebbe a ENI solo per poter continuare a estrarre gas fossile.

Apprezziamo la correzione di rotta e auspichiamo che simili progetti non riemergano in una fase più avanzata. Da parte nostra continueremo a chiedere a Eni di abbandonare gli investimenti per l’estrazione di idrocarburi e investire davvero nelle rinnovabili, tanto decantate nei suoi slogan, alle quali vanno invece solo le briciole. E visto che con il 30% di partecipazione statale, tutte e tutti noi siamo “azionisti” dell’Ente Nazionale Idrocarburi, ci aspettiamo dal governo che prema per una fondamentale trasformazione dell’azienda, coerente con gli obiettivi di decarbonizzazione della CoP21 di Parigi.

In termini generali, il testo licenziato dal Consiglio dei ministri sembra avere una direzione condivisibile su alcuni temi ma con diverse incongruenze. Greenpeace Italia sostiene però che, senza il dettaglio sui progetti da implementare e gli obiettivi misurabili che si intendono ottenere, il percorso di approvazione del PNRR in sede europea potrebbe diventare una corsa con troppi ostacoli da superare. Il livello di ambizione di alcuni dei 47 progetti infatti rimane al di sotto delle aspettative.

Per quanto concerne il tema mobilità, ad esempio, il PNRR sembra avere diverse criticità, come abbiamo denunciato insieme a Kyoto Club, Transport & Environment, Legambiente, Cittadini per l’Aria e WWF Italia. Solo 7,5 miliardi di euro per la mobilità urbana e regionale, contro i 29 miliardi che servirebbero, nessuna voce specifica sullo sviluppo di un’adeguata rete di ricarica elettrica nazionale ad uso pubblico, nessun investimento per la riconversione industriale del comparto trasporti, briciole per la sicurezza stradale.

Da settembre seguiamo lo sviluppo delle linee guida che hanno portato alla redazione delle diverse bozze del PNRR. Dozzine di documenti in cui la parola “sostenibile” o “green” venivano ripetute centinaia di volte senza che se ne potesse misurare la concretezza. Dopo tutti questi mesi, ci saremmo aspettati di poter valutare progetti concreti che dessero una visione di speranza per un futuro verde e di pace da consegnare alle nuove generazioni ed al Pianeta. Ma, al momento, così non è.

*Head of the Corporate and Consumer Unit per Greenpeace Italia

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