Potere Bianco - Il dossier Fbi 2006

Troppi suprematisti in divisa: l’allarme ignorato dei federali

14 Gennaio 2021

L’insediamento di Joe Biden il 20 gennaio metterà a dura prova il Pentagono, il cui obiettivo ufficiale è garantire la sicurezza in una Washington minacciata dai supporter del presidente uscente Donald Trump, gli stessi che hanno messo a ferro e fuoco il Congresso il 6 gennaio. E per questo la Difesa ha mobilitato 15 mila uomini della Guardia Nazionale. Tuttavia la missione del Pentagono è molto più delicata e prevede che bilanci le minacce dei trumpiani con le infiltrazioni degli stessi nelle forze dell’ordine per evitare il danno peggiore: il caos totale nel giorno del giuramento del 46° presidente Usa. Da una parte l’Intelligence, che suggerisce un potenziale altissimo di rivolta armata e attacchi ai governi statali in tutto il Paese, dall’altra il timore che nella medicina stia la malattia.

Gli stessi funzionari della Difesa hanno riconosciuto, infatti, l’esistenza di una preoccupante corrente ideologica di destra nelle forze dell’ordine e un funzionario ha rivelato al Washington Post che i militari stanno cercando di affrontare la questione prima dei preparativi per il 20 gennaio. Ma la paura, ha confessato, è di non essere in grado di controllare tutti i membri della Guardia Nazionale coinvolti in affiliazioni estremiste. Delle infiltrazioni l’Fbi è al corrente dal 2006, come attesta il rapporto di quell’anno dell’agenzia stessa. Nazionalisti bianchi e skinheads infiltrati nella polizia per bloccare le indagini sui colleghi coinvolti in condotte razziali e reclutare altri suprematisti. In 15 anni quasi niente è cambiato e a ogni periodico scandalo sulle forze dell’ordine, il rapporto si è arricchito idealmente di nuovi numeri: dalla California al Texas, all’Illinois, all’Ohio al Massachusetts di George Floyd.

Nel testo, l’Fbi identifica gli estremisti e mette in guardia dal loro “accesso ad aree riservate e vulnerabili al sabotaggio”, oltre che a “funzionari eletti o persone che gli infiltrati vedono come “potenziali bersagli di violenza”. Tra loro, avverte, “è diffusa la pratica di ghost skins” che usano per “mimetizzarsi nella società e promuovere segretamente le cause della supremazia bianca”. È da questo rapporto che emersero nel 2014 gli appartenenti al Ku Klux Klan in Florida, il secondo episodio del genere scoperto tra gli appartenenti alle forze dell’ordine prima ancora che arrivassero i social media a rendere più facile smascherarli. Eppure né l’Fbi, né le forze dell’ordine statali e locali hanno implementato sistemi per controllare il personale, compito lasciato alle Ong come Southern Poverty Law Center, che tiene traccia del numero crescente dei gruppi di odio negli Usa. Secondo il Primo emendamento poi è legale per i lavoratori dell’amministrazione pubblica aderire a uno qualunque dei gruppi di odio descritti nel rapporto, anche se stando al memorandum dell’Fbi il governo può limitare l’opportunità di lavoro nel caso in cui l’appartenenza a tali gruppi interferisca con i loro doveri. Con Trump, poi, i Black Lives Matter e una nuova ondata di protesta contro la polizia, il tema è tornato delicato, soprattutto dato il sostegno richiesto alla Guardia Nazionale, un corpo composto dai riservisti, più permeabili agli estremisti, gli stessi presenti tra gli assalitori di Capitol Hill. “Un processo di gestione molto rischioso e delicato”, ha spiegato in un’intervista il segretario dell’esercito, Ryan McCarthy, soprattutto per la “minaccia che i membri della Guardia a Washington portino le loro armi da fuoco”, gli hanno fatto eco altri funzionari della Difesa. Proprio per questo, martedì McCarthy avrebbe incontrato alti funzionari dell’Fbi – che intanto ha aperto inchieste a carico di almeno 170 persone identificate fra i sostenitori di Trump – e dei Servizi segreti per mettere a punto il piano per il 20, mentre la Guardia prende parte alle prove di sicurezza. Per finire, lo Stato Maggiore della Difesa ha pubblicamente definito la rivolta del 6 “un assalto diretto al Congresso, il Campidoglio e il nostro processo costituzionale”, affermando di “sostenere e difendere la Costituzione” contro cui “qualsiasi atto va contro le nostre tradizioni, valori e giuramento”, e ricordando che Biden è il 46° loro comandante in capo.

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