Ponte Morandi, altri 40 sotto indagine: pm indagato fino agli anni Novanta. Stop al tritolo per abbatterlo

Genova - Rischio amianto, slitta l’abbattimento del pilone 8. Nuovi iscritti per false dichiarazioni e omicidio colposo

8 Marzo 2019

La demolizione si arena, ma l’inchiesta accelera. Nel giorno in cui si decide, a causa del rischio amianto, di rinviare l’abbattimento del pilone 8 del Morandi arriva la notizia di nuovi indagati. Sul registro della Procura guidata da Franco Cozzi sono finiti altri 40 nomi che sommati ai 21 già iscritti porta il totale a oltre 60.

L’inchiesta si è rivolta verso il passato del Morandi. I pm stanno ricostruendo la cronologia della manutenzione e dei lavori di retrofitting dagli Anni 90 a oggi. In particolare dal 1993 quando Autostrade – allora in mano pubblica – decise di ristrutturare il pilone 11, che infatti oggi è in buono stato. La domanda è: perché il 10 e il 9, quello crollato, non ebbero già allora lo stesso trattamento e si aspettò invece il 2018 (i lavori dovevano partire l’autunno scorso, troppo tardi)?

Domande che i magistrati hanno posto a decine di persone sentite come testimoni. Quaranta di loro oggi sono indagati. Si tratterebbe di dipendenti di Spea, Autostrade e di dirigenti del ministero delle Infrastrutture. Alcuni sono stati iscritti proprio alla luce delle dichiarazioni fornite come testimoni. L’accusa in questo caso sarebbe di false dichiarazioni. Per gli altri indagati le ipotesi di reato sarebbero omicidio colposo plurimo, disastro colposo, attentato alla sicurezza dei trasporti, lesioni colpose. L’avviso di garanzia è anche una forma di tutela degli indagati che potranno partecipare agli incidenti probatori.

Segna invece il passo la demolizione del ponte: ad appena quarantotto ore dalla prevista esplosione di 250 microcariche che dovevano far crollare il pilone 8 si è deciso di fermare tutto. Il motivo: la presenza di amianto rivelata dai carotaggi della Asl. In sette campioni sui quaranta prelevati è stata trovata crisolite: “Si tratta probabilmente di amianto naturale, cioè di tracce contenute nelle pietre. Non sembra trattarsi di amianto di produzione industriale”, spiega il procuratore Cozzi. Che aggiunge: “Vogliamo, però, poter escludere ogni possibile danno alla salute che possa derivare dall’esplosione e dalla diffusione di polveri”.

Di qui la decisione della Procura di chiedere ulteriori analisi. Così ieri mattina si sono svolti in fretta e furia un sopralluogo al cantiere e poi in Prefettura una riunione della Commissione Esplosivi. Risultato: “Sono necessari ulteriori approfondimenti”, ha confermato Gabriele Mercurio (dirigente della Asl). Ha aggiunto: “È necessario fare una valutazione fondata scientificamente per valutare se l’esplosione possa determinare o meno problematiche di natura sanitaria o ambientale”. E adesso? Marco Bucci, sindaco commissario, spiega: “Senza ok della commissione esplosivi noi non ci muoviamo… bisogna garantire l’incolumità dei cittadini e degli operatori del cantiere”. Bucci aggiunge: “Abbiamo un piano B e C per la pila 8, ma non ho piani alternativi per le pile 10 e 11”.

A sollevare la questione amianto erano state tra l’altro le parole al Fatto di Gabriele Camomilla, ingegnere che curò fino al 2000 la manutenzione del ponte: “Nei progetti del Morandi è indicato che nella struttura è presente amianto”. A questo si è aggiunto un esposto presentato da Enrico D’Agostino dei Liberi Cittadini di Certosa: “Colpisce che ci si trovi ad affrontare la questione amianto a 48 ore dall’esplosione. Viene il dubbio che senza esposto tutto sarebbe andato avanti”.

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