Popolari, nuovo schiaffo a Bankitalia

Finisce alla Corte di Giustizia Ue lo scontro sulla riforma delle banche popolari non quotate varata dal governo Renzi. Ieri il Consiglio di Stato, chiamato a esprimersi su numerosi ricorsi, ha passato la palla alla Corte Ue. I supremi giudici amministrativi hanno trovato così un modo elegante per trarsi d’impaccio nel lungo scontro con la Consulta, che si era già espressa ritenendo la riforma allineata ai principi costituzionali, e con la Banca d’Italia, che di quella riforma era stata realizzatrice, dettando il regolamento attuativo.
La riforma che imponeva la trasformazione in Spa di tutte le banche cooperative con attivi superiori agli 8 miliardi era stata decisa per decreto il 20 gennaio 2015 dal governo Renzi. La legge aveva eliminato il voto capitario sostituendolo con un voto per ogni azione posseduta. Entro 18 mesi 10 banche avrebbero dovuto convocare i soci per approvare la trasformazione: Ubi, Banco Popolare e Bpm (poi fuse), Bper, Creval, Banca Etruria (finita invece “risolta” il 22 novembre dello stesso anno), Bari, Sondrio, Vicenza e Veneto Banca, queste ultime andate in liquidazione il 25 giugno 2017. In totale, secondo i dati dell’epoca, la riforma coinvolgeva un milione e centomila soci, quasi tutti piccoli risparmiatori e molti anche tra i 78 mila dipendenti.
Il Consiglio di Stato chiede alla Corte Ue di valutare se tutta la riforma e la circolare della Banca d’Italia rispondono al diritto comunitario, in particolare sul punto critico della limitazione o azzeramento del diritto di recesso dei soci. Nelle norme Ue non esiste limitazione totale e senza limiti di tempo del recesso, come deciso invece da Banca d’Italia. Il recesso da socio e il rimborso delle proprie azioni, come degli altri strumenti di capitale, era stato limitato dalla circolare attuativa varata il 27 giugno 2015 da Banca d’Italia. Via Nazionale voleva evitare che, pagando il valore pieno delle azioni a chiunque intendesse uscire dalle banche, il patrimonio degli istituti di credito scendesse sotto i limiti fissati dalla Bce. Ma molti soci si erano ribellati portando la riforma davanti ai tribunali.
Il 15 febbraio 2016 il Tar del Lazio aveva dichiarato inammissibile uno dei tre ricorsi contro il regolamento della Banca d’Italia. Il Tar aveva bocciato poi altri due ricorsi, portati in appello al Consiglio di Stato che li aveva unificati. Il 22 marzo la Corte costituzionale aveva invece respinto le istanze di costituzionalità sollevate dallo stesso Consiglio di Stato.
Delle dieci Popolari coinvolte solo due, a oggi, non hanno ancora attuato la riforma: la Sondrio e la Bari, che ha già fissato per il 16 dicembre l’assemblea. Ora i loro soci possono chiedere ulteriori dilazioni, in attesa della decisione Ue che potrebbe coinvolgere anche le banche già trasformate in Spa e che potrebbe arrivare tra un anno.