Russia, Putin e la parodia di un’elezione

19 Marzo 2018

Vladimir Vladimirovic Putin è il nuovo presidente della Russia: succede a se stesso, come gli capita dall’anno Duemila. Resterà capo del Cremlino sino al 2024.

Da oggi comincia l’era del Putin V: quattro mandati precedenti, più quello “ombra” per interposta persona, l’amico fedele Dmitri Medvedev col quale scambiò la carica di primo ministro dal 2008 al 2012, applicando la mossa dell’arrocco per non violare la Costituzione che vieta più di due mandati consecutivi.

Che succederà dopo il 2024? O modifica la Costituzione per restare al Cremlino (ah, che invidia il cinese Xi Jinping, presidente a vita della Cina…), o preparerà la successione: che non sarà incruenta.

Lo score che cementa il suo potere e ne certifica il prestigio sarebbe quello del campione: un sonoro 73,9 per cento, secondo gli exit pool di Vtsiom, l’istituto statale dei sondaggi. Putin, cioè, si conferma l’Icardi della politica russa.

Peccato che il dato dell’affluenza non sia stato lo stesso. Ma sono dettagli. Colpa della crisi che morde (ma qui è facile dar la colpa alle sanzioni); delle misure di austerità; del taglio alle spese sociali; dei salari congelati. Diciamo che ha giocato la partita presidenziale in assenza di Var, con arbitri a dir poco compiacenti. Ha vinto senza affanno, in mancanza di un’alternativa credibile.

L’opposizione vera era stata squalificata. Il blogger Aleksej Navalny resterà confinato al web: “Non chiamatele elezioni, ma una loro parodia”.

La finta candidata Xsenija Sobchak è andata a trovarlo, “mettiamoci insieme, destra e sinistra, tu hai subito un’ingiustizia…”, Alexej l’ha mandata a quel paese, “anche per colpa tua”…

Debolezza e liti dell’opposizione aiutano Putin. Così, lo zar continuerà a marcare in politica interna la sua “verticale del potere”, incrementerà l’autoritarismo e il conservatorismo già collaudato nel Putin IV (2012-2018) e seguirà la rotta di collisione con l’Occidente, in nome del multipolarismo (foraggiando i sovranismi europei per minare l’Ue) che significa sostanzialmente non riconoscere agli Stati Uniti il ruolo di unica superpotenza.

Morale: niente suspense. Era già tutto scritto. Anche la festa della Crimea: per la prima volta, dopo la caduta dell’Urss, è stato votato un presidente russo. Guarda caso, nel giorno del quarto anniversario dell’annessione alla Madre Russia: l’astutata di Putin.

La retorica nazionalista suona sempre la stessa musica: difesa dei confini assediati dalla Nato, economia rovinata dal capitalismo globalizzato, paura alimentata dal terrorismo islamico. L’indice di gradimento s’impenna al ritmo della sue guerre e dello slogan “un Putin forte per una Russia forte”.

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