L’inchiesta

Concorsi truccati, il professore indagato sostituisce chi l’ha raccomandato

Dopo lo scandalo i vertici di Giurisprudenza di Firenze si riunirono per l’interdizione di Cordeiro Guerra. Il “segnalato” votò per lo slittamento del corso: prenderà il suo posto in aula

3 Ottobre 2017

C’è un paradosso, andato in scena giovedì scorso, all’Università di Firenze, che merita d’essere raccontato. Il dipartimento di Scienze Giuridiche si riunisce per recepire la sospensione del professore Roberto Cordeiro Guerra, accusato di corruzione, dalla Procura di Firenze, per la spartizione delle abilitazioni. Pochi giorni prima, il gip Angelo Antonio Pezzuti ha disposto per lui la misura dell’interdizione. A dover recepire l’interdizione e conseguente sospensione di Cordeiro Guerra, in seno al dipartimento, oltre a Philip Laroma Jezzi, il ricercatore che con le sue denunce ha dato avvio all’indagine, c’è anche il professor Giovanni Flora, che difende altri due indagati, la direttrice Patrizia Giunti, e il professor Stefano Rodigo che, di Cordeiro Guerra, oltreché allievo, è anche socio di studio. Con lui, però, condivide anche l’accusa di corruzione nell’ambito della stessa inchiesta. Il paradosso non ha alcun rilievo penale ma impone comunque interrogativi logici ed etici. Durante la riunione, come vedremo, saranno prese infatti anche altre decisioni. E Cordeiro Guerra è accusato di corruzione proprio perché avrebbe spinto l’abilitazione di Rodigo. Certo, il primo è stato interdetto dalla procura, mentre il secondo no. Ma è accettabile che Rodigo debba esprimersi sulle conseguenze della sospensione – come lo slittamento per sei mesi del suo corso – del coindagato nonché socio di studio, interdetto proprio per la vicenda che riguarda la sua abilitazione? Il dipartimento non è tenuto a sapere che anche Dorigo è accusato di corruzione: non è destinatario di interdizione, non compare tra gli indagati della richiesta firmata da Turco e Barlucchi.

Il suo nome è riportato più volte negli atti, tra citazioni e intercettazioni, ma, che sia indagato, non è scritto in alcun atto. Tranne uno. Nel decreto di perquisizione, con annesso avviso di garanzia, che Dorigo ha ricevuto lunedì scorso dalla Finanza. Se l’Università non è tenuta a saperlo, lui lo sa benissimo: è stato perquisito. E proprio con l’accusa di corruzione. Dovremmo aspettarci che il professor Dorigo levi la mano per dire: “Sono indagato anche io, mi astengo”. E invece, stando a quel che Il Fatto è in grado di ricostruire, quando la direttrice del dipartimento, sullo slittamento dei corsi tenuti da Cordeiro Guerra, ha chiesto: “Ci sono contrari?” Nessuno ha fiatato. Neanche Dorigo. Tutto passa all’unanimità. Lo slittamento è dovuto al fatto che gli unici due docenti disponibili – Laroma e Dorigo – hanno un monte ore già fin troppo pieno. Ma allora: a chi dovranno rivolgersi gli studenti che hanno in calendario esami e tesi universitari? Ecco, l’attività sarà proseguita proprio da Laroma e Dorigo, che quindi eredita il lavoro di supporto destinato a Cordeiro Guerra, dispensando, pare, sorrisi e strette di mano al termine della riunione. Peraltro, da indagato per la stessa inchiesta, Dorigo l’11 ottobre farà parte della commissione di una tesi di laurea in Scienze dei servizi giuridici. È il caso di segnalare che si tratta dello stesso Dorigo che il 18 aprile 2015, intercettato con Cordeiro Guerra, dopo aver ottenuto l’ambita abilitazione, gli dice ridendo: “Grande prova soprattutto sua, eh! … che ha lavorato dietro le quinte, eh grazie”. A giudicare dalle sue stesse parole, insomma, sembra che Rodigo fosse consapevole del fatto che Cordeiro Guerra aveva tenuto un lavorio “dietro le quinte”. Il punto è che l’accusa sostiene che il “lavorio” eseguito da Cordeiro Guerra non sia stato legale. Anzi: in sostanza, secondo l’accusa, Dorigo avrebbe saltato la prima tornata del 2012, per ottenere l’abilitazione in quella successiva, nel 2013, in base ad accordi raggiunti a livelli più alti del suo. Accordi presi, secondo l’accusa, proprio da Cordeiro Guerra. “Le abilitazioni di Padovani e Dorigo nella tornata 2013 – spiega l’accusa – costituiscono specifiche utilità del reato di corruzione, scambiate in base a un patto già stretto nell’ambito della commissione per la tornata 2012…”. È quella che in gergo veniva chiamata “eredità”. “Padovani – dice intercettato il professor Valerio Ficari – è un’eredità come quello di, di Cordeiro Guerra, come si chiama, non mi ricordo, Dorigo…”. Dorigo sarebbe quindi “l’eredità” che il professor Cordeiro Guerra aveva creato nel 2012. Dorigo nell’intercettazione sembra consapevole del lavorio “dietro le quinte” effettuato da Cordeiro Guerra. Dorigo è indagato con Cordeiro Guerra per corruzione nella stessa inchiesta e viene perquisito. Eppure, nella riunione del dipartimento, piuttosto che astenersi, o dichiarare pubblicamente di essere anch’egli indagato per gli stessi motivi, eredita persino il supporto da offrire agli studenti di Cordeiro Guerra per le tesi e gli esami. Certo, non è un reato. Non è detto che l’Università fosse al corrente del suo status di indagato. Ma l’Università oggi potrà agevolmente verificare, chiedendo il decreto di perquisizione allo stesso Dorigo, per poi valutare la situazione. E se tutto questo non è reato, di certo, il messaggio destinato agli studenti non è il migliore che si possa immaginare.

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