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Mattarella grazia l’ex calciatore libico condannato a 30 anni con l’accusa di essere scafista: la storia di Abdelkarim

Chi è Abdelkarim Alaa F. Hamad, condannato alla pena complessiva di 30 anni di reclusione dopo la "notte di ferragosto". È tra le cinque persone graziate dal Colle
Mattarella grazia l’ex calciatore libico condannato a 30 anni con l’accusa di essere scafista: la storia di Abdelkarim
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Un ex calciatore libico arrivato in Italia su un barcone e condannato a trent’anni di reclusione perché considerato lo scafista. Tra le cinque grazie concesse nella giornata di lunedì 22 dicembre dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella c’è anche questa storia. Il protagonista in questione – che ha ricevuto la grazia insieme a Zeneli Bardhyl, Franco Cioni, Alessandro Ciappei e Gabriele Spezzuti – è Abdelkarim Alaa F. Hamad, condannato alla pena complessiva di trenta anni di reclusione per delitti di concorso in omicidio plurimo e violazione delle norme sull’immigrazione, per fatti avvenuti nel 2015.

L’ex calciatore avrà uno sconto di pena di 11 anni e 4 mesi e in questo modo potrà accedere alle misure alternative, come la semilibertà per scontare il terzo della pena che gli resta. “Nel concedere la grazia parziale, che ha estinto una parte della pena detentiva ancora da espiare“, spiegano dal Quirinale, “il Capo dello Stato ha tenuto conto del parere favorevole del Ministro della Giustizia, della giovane età del condannato al momento del fatto, della circostanza che nel lungo periodo di detenzione di oltre dieci anni sinora espiata dall’agosto del 2015, lo stesso ha dato ampia prova di un proficuo percorso di recupero avviato in carcere”.

Nato in Libia trent’anni fa, nel 2017 la giustizia italiana lo ritenne, insieme a quattro compagni, lo scafista di un barcone che, nella notte di Ferragosto di dieci anni fa, venne soccorso dalla Marina italiana al largo di Lampedusa e nella cui stiva sono stati trovati i corpi di 49 persone, morte asfissiate durante la traversata.

In Libia l’uomo studiava ingegneria e – come i compagni condannati insieme a lui – era calciatore professionista. Quando nel 2014 nel paese scoppiò la guerra civile tra le forze del governo internazionalmente riconosciuto di Tripoli e quello di Tobruk sostenuto dalle milizie del generale Haftar, i quattro cercarono di raggiungere l’Europa per continuare a studiare e giocare a pallone.

All’insaputa della famiglia pagò mille euro agli scafisti di Zuwara, a ovest di Tripoli, racconterà successivamente agli inquirenti. Su quel barcone partito il 14 agosto del 2015, avvenne una strage di migranti: 49 persone morte asfissiate nella stiva piena all’inverosimile. Le vittime furono scoperte quando l’imbarcazione in difficoltà, segnalata a 135 miglia a sud di Lampedusa, venne soccorsa.

A bordo della nave norvegese Siem Pilot arrivarono in Sicilia 313 migranti e i 49 cadaveri. All’inizio il giovane libico venne sentito come testimone, poi lui e i suoi due amici si ritrovarono a essere indagati con l’accusa di favoreggiamento di ingresso illegale e omicidio plurimo. Due anni dopo la Corte di Assise di Catania lo condannò a 30 anni di carcere, sentenza confermata in appello nel 2020 e poi in via definitiva dalla Cassazione, nonostante la difesa abbia sempre evidenziato lo scarso numero dei testimoni che l’hanno accusato e le condizioni di choc in cui hanno reso testimonianza.

Successivamente all’Ucciardone di Palermo l’ex calciatore ha imparato l’italiano, si è diplomato una seconda volta e ha scoperto la passione per l’arte e la scrittura grazie ai laboratori proposti ai detenuti. Durante un laboratorio – nel febbraio del 2023 – ha conosciuto la professoressa Alessandra Sciurba, coordinatrice della Clinica legale diritti e migrazioni dell’Università di Palermo. Da quell’incontro è nato uno scambio di lettere, alcune delle quali sono state pubblicate da Sellerio in un libro dal titolo Perché ero ragazzo.

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