Il pil Usa a +4,3% nel terzo trimestre. Trump: “Età dell’oro grazie ai dazi”. Ma dietro ci sono gli investimenti in AI
Donald Trump festeggia: “L’età dell’oro dell’economia procede a pieno ritmo”. E “non avete ancora visto niente!”, assicura. Ma dietro i numeri sulla crescita del pil Usa, che nel terzo trimestre ha segnato un +4,3%, c’è una storia meno trionfale di quella che il presidente prova a vendere sostenendo che il “successo” è dovuto al buon governo e ai dazi.
Nei dati preliminari del Bureau of Economic Analysis, bene accolti dai listini Usa, non c’è però traccia di un effetto strutturale delle tariffe. La crescita è stata sostenuta da consumi ancora solidi, da un aumento della spesa pubblica – in particolare per la difesa – e soprattutto dal contributo del commercio estero, con le importazioni in calo che hanno gonfiato il Pil per un effetto puramente contabile. Un meccanismo già visto nei trimestri precedenti e che gli analisti considerano transitorio, ricorda il Financial Times.
Il punto più critico, però, riguarda gli investimenti privati. Che negli Stati Uniti sono in lieve declino. Una debolezza complessiva che secondo diversi analisti maschera la forte espansione della spesa legata all’intelligenza artificiale. Tutto il resto – macchinari, edilizia non residenziale, investimenti produttivi tradizionali – è in frenata. “Al di fuori dei settori collegati all’AI le intenzioni di spesa in conto capitale restano depresse”, ha scritto l’analista Oliver Allen di Pantheon Macroeconomics in una nota ai clienti citata da Fortune.
Anche Deutsche Bank vede una crescita sbilanciata: senza gli investimenti tecnologici, scrivono in una nota i suoi analisti Adrian Cox e Stefan Abrudan, l’economia Usa nel 2025 sarebbe stata “vicina alla recessione“, con consumi e spesa privata non tech sostanzialmente piatti nel periodo post-Covid.
Secondo Bank of America, i cinque grandi hyperscaler – Alphabet, Meta, Microsoft, Amazon e Oracle – hanno investito nel corso dell’anno circa 399 miliardi di dollari in infrastrutture AI, data center e software, con una spesa destinata a superare i 600 miliardi nei prossimi anni. Una cifra che da sola spiega una parte rilevante della crescita americana.
La corsa all’AI viene però finanziata a debito. Goldman Sachs segnala che nel 2025 l’emissione netta di obbligazioni da parte di società legate all’AI ha superato i 200 miliardi di dollari, più del doppio rispetto all’anno precedente, arrivando a rappresentare circa il 30% di tutta la nuova offerta di credito in dollari.
Il risultato è un’economia che cresce in modo sempre più asimmetrico, con un solo motore – l’intelligenza artificiale – che trascina Pil, mercati e investimenti, mentre il resto del sistema resta debole. Come dimostra il fatto che, al di là del trimestre record, la fiducia dei consumatori resta su livelli storicamente bassi e diversi indicatori anticipatori segnalano un rallentamento nel quarto trimestre.