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Contenzioso sul canone, “la Cassazione a favore di Tim: lo Stato dovrà restituire oltre 1 miliardo”

Una sentenza che conferma quanto già deciso dalla Corte d’Appello di Roma che aveva stabilito lo scorso gennaio che lo Stato dovrà restituire al gruppo i soldi contesi da due decenni
Contenzioso sul canone, “la Cassazione a favore di Tim: lo Stato dovrà restituire oltre 1 miliardo”
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Potrebbe essere stata scritta la parola fine a un contenzioso che dura due decenni. La Cassazione ha sciolto i suoi dubbi e è espressa a favore di Tim sul ricorso per la restituzione di un canone da oltre 1 miliardo di euro, versato nel 1998 allo Stato. È il gruppo a rendere noto di aver ricevuto comunicazione dalla Suprema Corte. La sentenza – spiega Tim – rigetta infatti il ricorso presentato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e conferma in via definitiva la decisione della Corte d’Appello di Roma dell’aprile 2024. Si tratta del canone concessorio preteso per il 1998, l’anno successivo alla liberalizzazione del settore. La somma dovuta è pari al canone originario, di poco superiore a 500 milioni di euro, più la rivalutazione e gli interessi maturati, per un totale pari appunto a circa 1 miliardo.

Un verdetto che conferma quanto già deciso dalla Corte d’Appello di Roma che aveva stabilito lo scorso gennaio che lo Stato doveva restituire al gruppo i soldi. Questo perché era stato stato rigettato il ricorso presentato dalla presidenza del Consiglio in cui si chiedeva la sospensiva della restituzione già disposta in appello.

I giudici della Corte d’appello di Roma avevano valutato che lo Stato ha la liquidità necessaria per pagare. Il ricorso si fondava, appunto, sul presupposto del “grave e irreparabile danno” per la concessione della sospensiva e sull’assunto che “la dimensione della somma portata dalla sentenza rende evidente l’impossibilità per il bilancio dello Stato di reperire la liquidità necessaria ad un ipotetico pagamento integrale ed immediato, rendendosi necessario, a questo fine, inevitabilmente apportare modifiche alle previsioni di cassa stabilite dalla vigente legge di bilancio attraverso uno specifico intervento legislativo”.

Sulla vicenda era intervenuta in più occasioni la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, segnalando il contrasto tra la direttiva sulla liberalizzazione del mercato delle telecomunicazioni e le norme nazionali che avevano prorogato per il 1998 l’obbligo di pagamento del canone a carico dei concessionari di settore. In particolare, nel 2020 la magistratura europea aveva stabilito che il sistema normativo comunitario non consentiva a una normativa nazionale di prorogare per l’esercizio 1998 l’obbligo imposto a un’impresa di telecomunicazioni, precedentemente concessionaria (come TIM), di versare un canone calcolato in funzione del fatturato, ma permetteva soltanto la richiesta di pagamento dei costi amministrativi connessi al rilascio, alla gestione, al controllo e all’attuazione del regime di autorizzazioni generali e di licenze individuali.

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