Per Nordio maschilismo e femminicidi hanno a che fare col codice genetico: conta semmai una cultura malata
di Enzo Boldi
“Anche se oggi l’uomo accetta, e deve accettare, questa assoluta parità formale e sostanziale nei confronti della donna, nel suo subconscio, nel suo codice genetico trova sempre una certa resistenza“. Queste le parole del Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, nel corso della Conferenza internazionale contro il femminicidio.
Dunque, seguendo pedissequamente la teoria del Guardasigilli, la prevaricazione – fisica e psicologica – dell’uomo ai danni della donna deve essere ricercata all’interno del nostro codice genetico. Quindi: sei maschio? La natura ti spinge a non accettare la parità (in tutti gli ambiti della vita) con una donna. Colpa della genetica, secondo Nordio. Non c’entrano nulla gli aspetti culturali. Non c’entrano nulla quei retaggi storici che hanno spinto l’essere umano a fondare società basate su uno scevro e dannoso maschilismo. Tutta colpa di quel gene di darwiniana memoria difficile da estirpare. Eppure la realtà dei fatti racconta una storia – spesso tragica – molto differente rispetto a questa paradossale “giustificazione” data dal Ministro Nordio proprio nel corso di una conferenza contro i femminicidi, alla vigilia della settimana in cui si celebrerà la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne.
Infatti, se si trattasse di mera genetica, tutto si potrebbe risolvere in modo molto più semplice, proprio seguendo i princìpi di Darwin (che lo stesso Ministro della Giustizia cita in altri passaggi del suo intervento). E, invece, è la cultura – e i suoi riflessi sociologici – che ha reso fenomeni come i femminicidi (nel nostro Paese e non solo) un’emergenza reale e tangibile. Donne vittime di uomini, a livello fisico e psicologico, che pagano a caro prezzo una deriva di dominazione e prevaricazione. Perché questi omicidi – la maggior parte avviene per “motivi sentimentali”, ovvero tra persone legate (anche in passato) da un legame – sono figli di una cultura del possesso che va ben oltre le dinamiche della gelosia. Il pensiero “la donna è mia” non è frutto di un gene, ma di una cultura maschilista e malata che pervade l’Italia. Anche da un punto di vista sociologico.
Dare la colpa alla genetica è la cartina di tornasole di chi non vuole affrontare il problema alla radice, attraverso un’educazione che parta da quando si è piccoli. Far capire ai bambini, nella loro fase di sviluppo fisico ed emotivo, che la parità è un diritto inalienabile dovrebbe essere il faro in grado di guidare la civiltà. Far capire che “no” vuol dire “no”. Far capire che il rispetto è la base per la creazione di rapporti umani che, d’altro canto, sono la base di una società civile evoluta e non ancorata a reconditi racconti di un passato che, fortunatamente, è passato.
Citare Darwin per parlare dei femminicidi in Italia è come parlare del fuorigioco quando si racconta una partita di tennis: non c’entra nulla.