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Ora per il ministro Schillaci l’avidità di noi medici è la principale colpa del disastro del Ssn: ora basta!

Lettera aperta di un chirurgo al ministro Schillaci in risposta alle dichiarazioni sull'intramoenia e la sua relazione con le liste d'attesa nel SSN
Ora per il ministro Schillaci l’avidità di noi medici è la principale colpa del disastro del Ssn: ora basta!
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di Angelo Bianco

Caro ministro Schillaci,

A qualcuno, certo non a Lei, non deve essere chiaro capire che anche il medico ha un badge da timbrare, perché anche noi abbiamo un contratto da rispettare e prevede un orario di lavoro, sono sei ore e venti per sei giorni lavorativi. Io, per esempio, faccio il chirurgo, mi divido tra corsia, sala operatoria e ambulatorio e non sono mai solo sei ore e venti perché, come usava dire un mio antico primario, “ricordatevi sempre che noi non siamo ragionieri, siamo chirurghi, noi non abbiamo un orologio, si va via dall’ospedale solo quando è tutto finito”.

A qualcuno altro poi, ma mai a Lei, deve essere più oscuro capire che anche un medico ha una famiglia e una vita privata, che occupano la sua vita un secondo dopo che il badge ha suonato la fine delle attività quotidiane ospedaliere. Io, per esempio, ho tre bambine piccole, una moglie e mi piace giocare a tennis anche se il ginocchio comincia a “scricchiolare”, l’età avanza.

A tutti invece, meno ancora che sempre a Lei che è stato un medico, è proprio davvero impossibile capire che noi, uno o più giorni al mese, possiamo scegliere di sottrarre un paio d’ore alla nostra famiglia, ai nostri hobby o anche solo a raccogliere margherite dal prato e dedicarli alla nostra attività di libera professione. Io, per esempio, ho un’ora di intramoenia, ogni martedì, e la mia visita specialistica di chirurgo proctologo, frutto di 12 anni di studi e aggiornamento costante, vale 120 € lorde, io ne intasco il 35%, mica tutti – come a tutti non è chiaro.

Cari tutti, meno ancora che Lei, ovvio, sig. ministro, questa è la vita di un medico, a noi è facile capirne ogni passaggio, l’abbiamo scelta noi.
Io, per esempio, vivo così da 25 anni, tra santi tirati giù quando squilla il telefono in piena notte per un’emergenza chirurgica, e madonne quando c’è una denuncia.

Mancano dieci anni alla mia pensione e di santi ne fanno uno al mese, c’è tanta gente buona che muore e merita il paradiso, io ne avrei avuti ancora a sufficienza per arrivare al fondo, magari passeggiando sempre più stancamente tra le macerie di quel che resta della nostra dignità, oggetto di una campagna di distruzione identitaria e di diffamazione professionale, tra Covid, no vax e Google, per la quale siamo a turno “complottisti”, “assassini”, “ignoranti”. Mai avrei pensato, però, di ritrovarmi un m giorno anche tra i “mercenari” ed è proprio Lei, sig. ministro, a buttare scelleratamente questa nuova definizione tra le fauci affamate del popolino, dichiarando di voler sospendere l’intramoenia, adducendola a causa della lungaggine delle liste d’attesa, così che, adesso, la nostra avidità è la principale di tutte le ragioni del disastro del Ssn.

Lei ha chiuso il cerchio diffamatorio perché se la visita della qualunque ti è prescritta a babbo morto, in fondo, è anche colpa dello specialista che invece, privatamente, è prenotabile ieri: la gogna è servita, lo schema Covid si ripete.

Io non ci sto, adesso davvero basta. Sia chiaro a tutti, a Lei compreso signor ministro, che la misura della pazienza è ormai colma. Da oggi anche io non capisco più se, difronte a tanta reiterata ignoranza sui nostri diritti e soprattutto a Lei che vuole cambiare i patti, ho ancora voglia di rispettare un contratto, virgola oraria per virgola di diritto, di perseverare ad anteporre l’ospedale alla mia famiglia e di rinunciare a praticare i miei hobby per non averne il tempo, piuttosto che per la paura di una protesi.

Sia chiaro a tutto, in primis a me, che anche io sono tanto, tanto buono ma non più mica tanto, tanto fesso. Io, per esempio, mi chiamo Angelo ma non ho l’aureola, non ho ambizione di santità né tantomeno quella di “missionario”, che è la sola definizione nella quale mi sono riconosciuto da sempre. Io da oggi, per esempio, lavoro come un ragioniere, 6 ore e 20, tutti i giorni, rigorosamente, come recita il contratto, poi dritto a casa e, una volta ogni tanto, a giocare a padel. Ricordatevelo, tutti!

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