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Caso Shalabayeva, nell’appello bis condannati i cinque poliziotti. Piantedosi: “Vicinanza a cinque servitori dello Stato”

Condanne a 5 anni per gli ex capi della squadra mobile e dell’ufficio immigrazione Renato Cortese e Maurizio Improta, e per i funzionari della mobile Luca Armeni e Francesco Stampacchia; a 4 anni per il funzionario dell’ufficio immigrazione Vincenzo Tramma. Il pg aveva chiesto l'assoluzione
Caso Shalabayeva, nell’appello bis condannati i cinque poliziotti. Piantedosi: “Vicinanza a cinque servitori dello Stato”
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Nell’ottobre del 2023 la Cassazione aveva annullato le assoluzioni e rinviato a nuovo appello per il caso dell’espulsione di Alma Shalabayeva, moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, e di sua figlia Alua avvenuta a Roma nel 2013. La corte di appello di Firenze ha confermato la condanna dei cinque poliziotti imputati nel processo bis sul quel rimpatrio condotto con modalità che avevano scatenato una polemica politica. Confermata la sentenza di condanna del primo grado a Perugia, ma con parziale riforma dell’interdizione dai pubblici uffici da perpetua a 5 anni. L’accusa è di sequestro di persona in relazione a irregolarità nelle procedure di espulsione. Il pg di Firenze Luigi Bocciolini aveva chiesto l’assoluzione. La parte civile aveva chiesto la condanna per tutti e il risarcimento.

La corte di Firenze nel processo di appello bis ha dunque confermato la sentenza del primo grado del tribunale di Perugia contro gli imputati appellanti, poliziotti della questura di Roma al tempo dei fatti. Restano uguali le condanne a 5 anni per gli ex capi della squadra mobile e dell’ufficio immigrazione Renato Cortese e Maurizio Improta, e per i funzionari della mobile Luca Armeni e Francesco Stampacchia; a 4 anni per il funzionario dell’ufficio immigrazione Vincenzo Tramma. Condannati a pagare le spese processuali e ai risarcimenti. Motivazioni fra 90 giorni.

Alma e Aula Shalabayeva furono prelevate dalla polizia dopo un’irruzione nella loro abitazione di Casalpalocco il 29 maggio 2013. Le forze dell’ordine in realtà cercavano il marito, ma dopo un velocissimo iter giuridico-amministrativo la donna e la figlia furono caricate su un aereo privato messo a disposizione dalle stesse autorità di Astana con l’accusa di possesso di passaporto falso. A luglio 2013, in seguito alle polemiche per l’operazione, si dimise il capo di gabinetto del ministero dell’Interno Giuseppe Procaccini (“Per senso delle istituzioni”). Secondo le ricostruzioni, aveva infatti incontrato l’ambasciatore kazako Andrin Yelemessov per parlare dell’oppositore Ablyazov. L’allora capo del Viminale Angelino Alfano, invece, fu oggetto di una mozione di sfiducia, poi respinta dal Parlamento. Shalabayeva e la figlia lasciarono il Kazakistan il 24 dicembre dello stesso anno per fare ritorno in Italia.

“Pur nel rispetto sempre dovuto alle decisioni giudiziarie, sento di esprimere la mia vicinanza personale ai cinque dirigenti della polizia condannati nel caso Shalabayeva. È una vicenda estremamente complessa – come dimostrano sia la assoluzione della Corte di Appello di Perugia in appello sia la richiesta di assoluzione del PG di Firenze – con esiti inaspettati. Tutto questo a conferma di quanto sia difficile – dichiara il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi – per chi lavora per la sicurezza dei cittadini, svolgere i compiti assegnati e corrispondere alle attese senza rischiare personalmente. Rimane il fatto che sono stati condannati servitori dello Stato con un curriculum importante e una vita trascorsa a lavorare per affermare i principi di legalità e giustizia. Per questo, la mia speranza è che nell’ultimo grado di giudizio possano essere assolti da ogni accusa”.

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